Il 3 dicembre della scorsa settimana, la Scuola della Parola ha fatto sosta alla “casa del pane”, Betlemme. Tanti i ragazzi riuniti nella chiesa di San Francesco d’Assisi a Marina di Cerveteri, per questo secondo appuntamento di “Sto da dio”, il percorso annuale rivolto ai giovani delle diocesi di Civitavecchia-Tarquinia e di Porto-Santa Rufina. Il vescovo Ruzza ha proiettato l’incontro nella dimensione Avvento, offrendo una meditazione sul secondo capitolo del Vangelo di Luca. In genere si considera questo tempo liturgico solo come preparazione al Natale: il presule ha invece voluto sottolinearne il carattere di attesa della venuta di Gesù, del suo ritorno. Nel viaggio di Giuseppe con Maria per il censimento ordinato dall’imperatore, il presule ha proposto di leggere l’immagine di tutti i nostri percorsi di vita: scuola, lavoro, la vita stessa.
Quel lungo e faticoso viaggio ci parla di «un confronto con le proprie radici»: in ognuna delle nostre attività capita di vivere dei momenti di riflessione sul senso di quello che stiamo facendo. In queste occasioni, più andiamo indietro e ci spostiamo verso l’origine più percepiamo un senso di paura, perché ci avviciniamo al luogo dove risiedono le domande essenziali sulla nostra esistenza. Ma, nel tragitto a ritroso, verso il luogo da cui siamo partiti, possiamo anche trovare ciò che ci rassicura. La vicenda della famiglia di Cristo. Il ritorno di Rut a Betlemme a mani vuote, ma con la giovane nuora che le rimane accanto. L’unzione di Davide compiuta da Samuele, il quale non riesce fin da subito a leggere la volontà di Dio, ma le rimane in ascolto. Sono episodi attraverso cui la Parola di Dio ci mostra la presenza misteriosa eppure sempre paterna di Jahvè.
«Dio dice: “tu non avere paura, non guardare l’apparenza”, Dio guarda il cuore» ha commentato il presule, opponendo il nostro atteggiamento nelle relazioni con gli altri e davanti alle opzioni che la vita ci fa incontrare: «Come sono invece le nostre scelte? Apparenze, like click… Dio usa invece questo criterio: sceglie ciò che è insignificante». Continuando a leggere i versetti dell’evangelista il presule si sofferma sul compimento dei giorni del parto. Anche qui la Parola di Dio invita a raffrontarci con i “compimenti” delle nostre vite: «Faccio l’esame, mi sposo, divento prete. Anche per te c’è il giorno del compimento. Che ti piaccia o no viene questo momento». Il timore, che si può provare nelle fasi di passaggio, può essere superato dall’accoglienza del progetto di Dio per la nostra vita.
Perché «tutti noi siamo dei “primogeniti” per Dio, apparteniamo a lui». Certo, la nascita di Gesù «non è un evento così poetico, non trova posto, lo rifiutano e Maria con Giuseppe lo depongono in una mangiatoia, dove mangiano gli animali. Da quel momento sarà cibo per tutto noi». Il rifiuto riservato a Gesù segna l’inizio e la fine della sua vita terrena: lo crocifiggono fuori della comunità così come nessuno lo aveva accolto a Betlemme appena venuto al mondo. Egli è l’escluso dalla società, viene messo all’“esterno” da chi all’“interno” vive nel potere, perché la sua presenza mette in discussione, chiede un confronto radicale con le proprie scelte. Gesù ha insegnato l’atteggiamento opposto, «cerca di entrare, egli viene a incontrarci» come fa il buon samaritano che si fa carico della vita di chi ha incontrato sulla sua strada. «Gesù viene a toccarci a parlarci, fidati di lui, Gesù viene ad allontanare la paura da noi», ha concluso il vescovo. Alle parole della meditazione del vescovo segue il silenzio, fitto negli occhi di ragazze e ragazzi che rimangono in adorazione davanti al “pane di vita” esposto nel Santissimo Sacramento.
Simone Ciampanella