«Sto da Dio», un modo simpatico per invitare i giovani a conoscere la “casa di Dio” e a frequentarla per scoprire quanto intima e familiare sia la tenda dove egli accoglie tutti. Questo tema accompagnerà gli incontri della Scuola della Parola destinati ai giovani delle diocesi di Civitavecchia-Tarquinia e di Porto-Santa Rufina con il vescovo Gianrico Ruzza. Un percorso iniziato il 29 ottobre presso la parrocchia di San Francesco d’Assisi a Marina di Cerveteri, a metà strada tra i due punti più distanti delle due Chiese sorelle. Il tema scelto per i cinque incontri è proprio quello della casa, che in ebraico si traduce con la parola “bet”, una casa che è abitata da tutti noi, la casa di Dio, dove ognuno trova posto, il suo posto. Il primo incontro ha visto la presenza di tantissimi giovani provenienti da diverse parrocchie delle due diocesi.
“Betel” è stata la parola guida che significa, letteralmente, “casa di Dio”, «formata da Bet, casa, e da El, che è il suffisso di Elohim (il Signore)». Nel brano di Genesi (Gen 28,10-22) considerato nella lectio, il vescovo ha iniziato la sua meditazione ponendo l’attenzione sul significato della pietra usata da Giacobbe come guanciale «che ci riporta nella dimensione del sonno, ricordandoci del momento della creazione, quando Dio fa addormentare l’uomo per creare, con la sua costola, la donna. Nel momento in cui tutto questo accade Adamo sta sognando, non ci viene detto cosa sogna, ma appena si risveglia vede accanto a sé quella creatura stupenda che riconosce come ossa delle sue ossa e carne della sua carne, la riconosce: è quella creatura che, probabilmente, stava sognando».
Continuando la sua riflessione sul brano, il pastore ha sottolineato come Dio si presenta a Giacobbe: «Io sono il Signore, il Dio di Abramo, tuo padre, e il Dio di Isacco». Lo fa allo stesso modo in cui ci si presenta oggi sulla bacheca dei social postando una propria foto con altre persone. Lui è il “Dio con” il popolo. Il presule ha continuato ricordando la storia di Giacobbe, partendo dal significato del suo nome, cioè “Il soppiantatore”, perché prese il posto di suo fratello gemello Esaù ricevendo, con un raggiro, la benedizione del padre Isacco. Questo suo stato di fallo nei confronti del fratello lo fece vivere sempre nella paura di incontrarlo, fino a quando un giorno si incontrarono, ed Esaù lo abbracciò e lo perdonò. «Quante paure abbiamo che ci frantumano i sogni e i progetti che costruiamo! Ma, se noi poggiamo il capo sul guanciale, come fece Giacobbe, erigendolo poi a stele, ad altare, la nostra vita, questa diventerà una vita offerta al Signore e benedetta dalla sua presenza. La nostra vita diventerà Betel, casa di Dio!».
Dopo la bella e sostanziosa lectio del vescovo i giovani hanno continuato con la riflessione personale davanti all’Eucaristia, intercalando canti a momenti di silenzio e avendo a disposizione, anche, diversi sacerdoti per il sacramento della Riconciliazione. A conclusione della serata, come segno dello stare con Dio, i giovani hanno ricevuto in dono una tazza con tisane. Su essa l’iscrizione “Benvenuti nella mia casa; per gustare e vedere come è buono il Signore”, per iniziare così ad arredare la propria Bet. Il percorso della Scuola della parola continuerà il prossimo 3 dicembre nello stesso luogo e alla stessa ora per riflettere assieme sulla “casa del pane”, Betlemme.
Aurelio D'Intino, responsabile pastorale giovanile