I cattolici italiani hanno scelto Taranto per dar voce al grido della terra e al grido dei poveri nella 49ma Settimana sociale, a cui ha partecipato il vescovo Gianrico Ruzza con la delegazione della diocesi di Porto-Santa Rufina e con quella di Civitavecchia-Tarquinia. La quattro giorni, che si è conclusa domenica scorsa si è svolta in una città emblematica, purtroppo, per i suoi connotati che la rendono davvero una piaga sanguinante e purulenta. Non sono parole forti o esagerate, sono l’espressione di chi ha urlato le sofferenze di questa città, in cui le “sconnessioni” tra uomo, ambiente, salute, famiglia, ecc. sono talmente forti da generare tanto dolore in mezzo ad un groviglio di problemi apparentemente irrisolvibili, perché la soluzione richiederebbe una vera e propria inversione di rotta, una autentica conversione ecologica. Ecco allora perché proprio Taranto per parlare di ecologia integrale, della salute del pianeta e delle persone che lo abitano. Le riflessioni sull’ecologia integrale, di cui papa Francesco è promotore, sono state oggetto di un anno e mezzo di lavori preparatori che hanno portato le diocesi italiane, le organizzazioni, i gruppi e i movimenti, ma anche e soprattutto i giovani, a riflettere e a fare proposte per diffondere una cultura diversa, la cultura della cura verso la nostra casa comune e verso i fratelli e le sorelle più fragili.
Oltre 700 delegate e delegati provenienti dalle diocesi di tutta Italia insieme ad un centinaio di vescovi, sacerdoti e religiosi, rappresentanti delle istituzioni, del mondo della politica e della cultura hanno avviato e portato a termine un processo di riflessione che è sfociato in proposte concrete sul tema “Il pianeta che speriamo. Ambiente, lavoro, futuro. #tuttoèconnesso”. Da Taranto sono partite 4 proposte al governo e al parlamento italiani su piani individuali di risparmio, codice dei contratti pubblici, lavoro e processi formativi; 3 proposte al Parlamento europeo su un’integrazione nello statuto della Banca centrale europea, investimenti infrastrutturali e gli investimenti produttivi e armonizzazione fiscale ed eliminazione dei paradisi fiscali interni; e infine, 4 iniziative per la comunità ecclesiale, ovvero piste di conversione e di generatività futura per le nostre parrocchie. La prima è la costruzione di comunità energetiche, attraverso le quali gruppi di cittadini o di imprese diventano prosumer (produttori di energia che in primo luogo autoconsumano azzerando i costi in bolletta e vendendo poi in rete le eccedenze).
«Nell’ottica di una transizione giusta e socialmente sostenibile – ha sottolineato l’arcivescovo di Taranto Santoro – le comunità energetiche diventano anche uno strumento di creazione di reddito che può sostenere fedeli, parrocchie, case famiglia, comunità famiglia e comunità locali come già dimostrato da alcune buone pratiche realizzate o in via di realizzazione nei territori» Se, infatti, in ognuna delle 25.610 parrocchie italiane si costituisse almeno una comunità energetica che produce al livello massimo possibile di 200 chilowatt (o facesse nascere più comunità che arrivano complessivamente a quella produzione di energia) avremmo dato il nostro contributo con 5,2 gigawatt su 7 necessari al nostro paese di nuova produzione da fonti rinnovabili. La seconda pista di impegno è quella della finanza responsabile, con l’invito a diocesi e parrocchie a scegliere forme di investimento “carbon free”. La terza pista d’impegno è quella del consumo responsabile, volta a scegliere produttori e prodotti che non sfruttano il creato e le persone ma che se ne prendono cura durante la produzione e la vendita. Infine, la quarta pista è quella dell’adesione al manifesto dei giovani, sottoscritto proprio a Taranto il 23 ottobre. In particolare, si chiede che le parrocchie e le diocesi prendano alcuni impegni. Ad iniziare dal promuovere la nascita di cooperative di comunità, cooperative di consumo, comunità energetiche e gruppi di acquisto solidale (Gas). E poi, studiare e valorizzare la vocazione del proprio territorio con un’attenzione alla pastorale rurale.
Ma, bisogna anche essere audaci nel rivedere l’impostazione della formazione verso i giovani, non aver paura di proporre nelle catechesi l’amore e la cura della casa comune, l’iniziazione cristiana sia anche iniziazione al saper abitare il mondo in cui il buon Dio ci da vivere. Importante in questa direzione è la presenza nelle diocesi e nelle parrocchie di un referente con la relativa competenza per la pastorale sociale, del lavoro e dell’ecologia integrale. È stata segnalata inoltre l’urgenza di adoperarsi per la valorizzazione del ruolo della donna nella Chiesa ed in politica sostenendo misure per il tempo di cura della famiglia. E, infine lo stimolo delle comunità a favorire e a partecipare ai gruppi di cittadinanza attiva che nascono dai problemi del territorio. Per far fronte a tutti questi impegni, sarà fondamentale il ricorso alla collaborazione, al lavorare insieme, a quella sinodalità che necessariamente dovrà contraddistinguere la chiesa del presente e del futuro, consapevoli tutti che, per riprendere le parole di papa Francesco, «nessuno si salva da solo»
Emanuela Chiang