«A scuola di Vangelo»

«Non possiamo tacere quello che abbiamo visto e ascoltato» è stato il filo conduttore della veglia missionaria del 16 ottobre presieduta dal vescovo Ruzza nella parrocchia della Santissima Trinità a Cerveteri. Il profeta Elia che riscopre la presenza di Dio e ritrova la missione e la forza di Giovanni Battista che riconosce il Messia e annuncia la salvezza hanno preparato l’ascolto della testimonianza di chi oggi segue Gesù nei luoghi più sofferenti della Terra. Marina Zanotti in Malawi, Carlo Benincasa in Mozambico e il comboniano Christian Carlassare, vescovo eletto di Rumbek. 

Don Federico Tartaglia, direttore del Centro missionario, ha introdotto il video di Marina, raccontando del suo arrivo da atea in Malawi dove il sacerdote è stato missionario fidei donum. Venti anni dedicati agli altri, alzandosi alle cinque del mattino, e mettendosi a disposizione di tutti: lì nel servizio agli altri, ai piccoli, lei ha incontrato Dio. La vocazione missionaria di Carlo nasce all'interno della congregazione della Sacra Famiglia di Bergamo, a cui è affidata la comunità parrocchiale di Cerveteri guidata da padre Mario Vecchierelli. Per cinque anni Carlo ha raccontato di essersi occupato di formazione umana e scolastica ai bambini nella zona di Maputo. All’origine del suo servizio in questo «mondo meraviglioso» lui riconosce la conseguenza logica dell'affettività ricevuta in famiglia: «l'essere amati ti spinge a ridonare amore a tutte le persone che incontri».

Poco più di un mese dopo la pubblicazione della sua nomina a pastore della diocesi del Sud Sudan, padre Carlassare ha subito un attentato il 25 aprile scorso: gli hanno sparato alle gambe. Lo ha incontrato don Tartaglia nella casa dei comboniani a Roma, realizzando una video-intervista. All’inizio della sua vocazione il religioso riconosce un momento preciso: la notizia della morte di un comboniano originario della sua città, Vicenza. Diventa sacerdote e dal 2004 vive in missione nel Sud Sudan. «Non posso tacere che l'Africa è un Paese pieno di risorse, che non sono quelle naturali, ma sono le persone che vivono, credono, soffrono, persone che hanno un futuro e che avranno un contributo sempre più grande da dare al nostro mondo», ha spiegato il neo-vescovo. Secondo lui essere “Testimoni e profeti”, tema della Giornata missionaria, significa «essere persone aperte all'ascolto dell'altro che viene nella nostra storia ed essere capaci di interpretare i segni del tempo. Essere testimoni significa essere veri, autentici, veri discepoli». 

«La gratitudine è il sentimento che provo per la preghiera che stiamo facendo questa sera e per le testimonianze di Marina, Carlo e padre Christian. Assieme a loro riandiamo a scuola per capire che siamo davvero cristiani se siamo missionari», ha commentato il vescovo Ruzza nella sua meditazione, osservando «l'inutilità di alcune polemiche – comunione sulle mani o no –  rispetto alla povertà, all’abbandono e alla solitudine dei nostri fratelli che vivono in situazioni di grande sofferenza». I missionari ci insegnano che «dobbiamo annunciare Gesù Cristo, come ci sta ricordando il Sinodo», che poco prima della veglia il presule aveva aperto in cattedrale: dobbiamo rimanere in ascolto dell'essenziale «per imparare a comprendere e imparare a vivere».

Red.

foto Filippo Lentini