«Ritorno di Eden. Un percorso filosofico nei racconti di creazione», è il titolo del libro di Luca Vozza, pubblicato da Armando editore. L’autore, che è tra gli insegnanti di religione di Porto-Santa Rufina, sarà presente dalle 11 del 25 giugno per un firmacopia presso la libreria Pellicanolibri di Roma in via Gattico 1. Lazio Sette ha incontrato lo scrittore.
Perché questo titolo?
L’Eden non è un “luogo”, ma uno status. La parola è di origine assira e indica la “steppa”. Il testo dice infatti che l’uomo è plasmato dalla polvere del suolo. Solo in secondo luogo Dio pianta un giardino e vi colloca la sua creatura. Si tratta di una costruzione letteraria per esprimere le origini d’Israele: è nella landa deserta, i 40 anni nel deserto, che quella massa di semiti accomunata da tradizioni ancestrali acquisisce l’identità di popolo di Dio. Solo a questo punto gli Israeliti entrano nel giardino, la Terra promessa. L’Eden come status è perciò da intendersi in relazione all’identità: “Di che polvere siamo impastati?”. Abbiamo bisogno di scoprire le nostre origini, anche per liberarci dai blocchi spirituali legati all’albero genealogico, al fine di vivere una vita piena, autentica.
A chi è rivolto a questo saggio?
È rivolto a coloro che, pur mantenendo un certo distacco dalla fede religiosa, nutrono curiosità nei confronti di un possibile senso trascendente dell’esistenza. Ai credenti di tutte le confessioni cristiane che coltivano l’approfondimento biblico ma anche a tutti coloro che nutrono interesse per gli studi ebraico-cristiani. Sono io per primo un cultore di religione e non un esegeta, pertanto non si tratta di un libro di esegesi biblica in senso stretto: è pensato per mettere la Bibbia in mano non agli studenti del Biblico, che la conoscono meglio di me, appunto, ma a chiunque abbia voglia di aprirla.
Quindi ha un’aspirazione ecumenica?
Personalmente mi sta a cuore il tema dell’ecumenismo. Da insegnante mi capita sovente di avere alunni ortodossi o evangelici. Ho scelto come traduzione dei testi biblici la versione de La Bibbia concordata. Ho poi citato e confrontato altre traduzioni, quali la Nuova Riveduta 2006, la versione Cei e la Traduzione Interconfessionale in Lingua Corrente (Tilc). Credo nel dialogo ecumenico e nel ruolo di prim’ordine della Bibbia nel cammino verso l'unità dei cristiani.
Il testo è anche un percorso filosofico.
“Filosofico” non perché prende come punto di riferimento le tesi di qualche pensatore, anche se uno studioso potrà facilmente percepire la mia inclinazione aristotelico-tomista. Il libro vuol mettere il lettore in atteggiamento di “ricerca”; lo stagirita parlerebbe in termini di ricerca come di “risposta alla meraviglia”. I primi quattro capitoli del Libro della Genesi sono tra i più conosciuti e, per questo, anche i più travisati e abusati. L’obiettivo di tale percorso è stato perciò cercare di guidare il lettore al significato profondo sotteso a queste pagine bibliche, al fine di poter fare i conti con sé stesso e con il proprio atteggiamento nei confronti della realtà.
Perché parlare oggi del Genesi?
Il mio maestro, Mauro Meruzzi, dice che v'è oggi un estremo bisogno di riflettere sulle tematiche di Genesi 1-4: maschile e femminile, figliolanza, nuzialità. Quando prima parlavo di “realtà” mi riferivo infatti alla natura umana: il Genesi dice chi è l'uomo, non come è nato l'uomo. Purtroppo sono state costruite delle sovrastrutture su queste pagine bibliche che, credo, sia giunto il momento di iniziare a demolire.
Simone Ciampanella
(foto Barba)