«Dal martirio impariamo la fraternità

 «Non fermiamoci solo a raccontare la passione del Signore Gesù e la fedeltà dei nostri santi. L’intenzione del nostro Giubileo è quella di riscoprire la fraternità, che sappiamo è sempre un percorso complicato». Davanti alle reliquie di sant’Ippolito il vescovo Reali ha rivolto queste parole ai fedeli nella Messa per la festa del martire, primo pastore di Porto.

Il 5 ottobre la Chiesa portuense si è riunita a Fiumicino per onorare il suo patrono e protettore della città, rappresentata dal vicesindaco Ezio Di Genesio Pagliuca. Assieme al presule hanno concelebrato don Alberto Mazzola, vicario generale, e padre Giuseppe Tristaino, vicario di Porto e parroco di Santa Maria Madre della Divina Provvidenza, dove si è svolta la cerimonia.

Nel territorio della parrocchia si trova l’antica basilica di Ippolito, purtroppo per il secondo anno consecutivo non è stato possibile celebrare la liturgia tra i resti dal tempio, come per anni è stato fatto. Il pastore si è augurato di potervi ritornare presto, ricordando che i monumenti sacri «continuano a parlarci manifestando nel tempo la destinazione per la quale furono edificati» e se della basilica «non si è persa la memoria ciò si deve alla premura delle comunità cristiane che qui si sono succedute».

La trasmissione della memoria del primo vescovo di Porto è segnata da gente capace di vivere quanto Ippolito ha testimoniato con il sacrificio, e cioè la verità del Vangelo di Gesù. Nell’enciclica Fratelli tutti papa Francesco riferisce di come il santo di cui ha scelto il nome parli di tribolazione nella fedeltà a Cristo: «Perciò è grande vergogna per noi servi di Dio, che i santi abbiano compiuto queste opere e noi vogliamo ricevere gloria e onore con il semplice raccontarle».

Dunque, alla domanda «Chi è il mio prossimo?» ha continuato il vescovo dobbiamo iniziare a rispondere «leggendo la nostra storia personale. Spesso non siamo concordi con il samaritano, non diamo testimonianza ai nostri giovani». Va colta allora la totalità della proposta di Gesù, così come sant’Ippolito ha mostrato con il martirio, perché, conclude, «La fede cristiana non è adesione a una dottrina e osservanza esteriore di pratiche morali, ma trasformazione, rinascita e compimento continuo in Cristo».

Simone Ciampanella

Foto Lentini

(12/10/2020)