Finalmente la diocesi ha potuto ritrovarsi assieme dopo i mesi più duri dell’emergenza sanitaria. Lo ha fatto ieri (26 settembre) nel momento principale della vita pastorale, l’assemblea ecclesiale diocesana, che ha ospitato l’arcivescovo Rino Fisichella, presidente del pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione.
Con un gesto ormai tradizionale e, quest’anno, di particolare valore simbolico per la ripartenza della vita comunitaria, il vescovo Reali ha dato il mandato agli operatori di pastorale battesimale durante la Messa iniziale. Poi, all’apertura dei lavori il pensiero del pastore è andato subito alle famiglie colpite dal coronoavirus, per le quali ha assicurato solidarietà e preghiera per i defunti: «La nostra speranza nel Cristo Risorto sia di conforto e di coraggio per tutti, ricordando che l’emergenza non è affatto passata, e tutti abbiamo il dovere personale e comunitario di prestare la massima attenzione». Nella fase più acuta della pandemia, la Chiesa diocesana ha riconosciuto provvidenziali le parole “comunione” e “missione” con le quali lo scorso anno ha aperto l’anno giubilare per il nono centenario dell’unione delle Chiese di Porto e delle Sante Rufina e Seconda. Esse rappresentano i binari su cui l’accidentata storia di Porto–Santa Rufina ha percorso la sua storia millenaria. Un inizio splendido radicato in epoca apostolica. E poi secoli di abbandono legato a un territorio diventato sempre più ostile. Poi la rinascita negli anni Trenta con il recupero della terra e la ripartenza delle attività marittime. Solo da poco più di un secolo la diocesi «ha cominciato a prendere coscienza di sé e della sua vocazione», ha annotato il vescovo, registrando però lacune, di cui la mancanza di sacerdoti e di altri ministeri è la più grave. Nonostante tutto, ha ricordato, «sono ben visibili a molti di noi i volti luminosi di sacerdoti veri annunciatori della Buona Novella.
Patriarchi appassionati che hanno incontrato gente desiderosa di essere fondatrice di comunità. Laici e sacerdoti, ma, prima di questa distinzione, cristiani, capaci di collaborare mettendo sul piatto cuore e pensiero per contribuire a quello che oggi chiamiamo Bene comune». Dunque, “con la Chiesa attraverso la storia” (tema dell’assemblea) per trasmettere la fede con parole e opere. Le sfide di oggi, tra cui precarietà lavorativa e fenomeno migratorio, vanno raccolte a partire dal nucleo fondamentale della Buona novella, dove «ciò che risplende è la bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù Cristo morto e risorto». Citando Evangelii Gaudium il presule ha ringraziato il vescovo Fisichella: «egli ci aiuterà a rispondere alle molte sollecitazioni chieste da papa Francesco per raccontare a tutti Gesù il Cristo, volto dell’amore di Dio».
Per il teologo si parte dalla constatazione che siamo immersi nella cultura digitale: «Ci troviamo come i primi cristiani di fronte alla cultura greca». La svolta antropologica delle nuove tecnologie implica una formazione corresponsabile attraverso cui si impara assieme: «Dobbiamo aiutare, soprattutto i ragazzi, a decodificare la complessità e le informazioni da cui sono bombardati ogni giorno e attraverso un linguaggio breve e sintetico annunciare il Vangelo».
Ma, cosa dobbiamo annunciare? «Nient’altro di quanto abbiamo ricevuto, come ci insegna l’apostolo Paolo»: il Vangelo, quello per cui dico «ho incontrato il Signore. L’ho visto e mi ha cambiato la vita e per questo te lo propongo». Il catechista è un credente credibile che deve sentire quella responsabilità bene espressa da sant’Agostino: «chi ascolta voi, ascolta Dio». Con ciò si apre l’esigenza di recuperare la dimensione del mistero, «che non va presentato alla fine quando il percorso scolastico ha ridotto tutto alla verità del cogito cartesiano e i ragazzi faticano a comprendere il senso del mistero». E lo si può fare ritrovando la capacità di trasmettere la fede attraverso la via della bellezza, spinti da un atteggiamento che il vescovo Fisichella racchiude in una frase «prima di esporre tutto, ama».
di Simone Ciampanella