L’assemblea ecclesiale diocesana ha festeggiato i suoi 18 anni al centro pastorale ospitando venerdì il cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Conferenza episcopale italiana e ieri Marco Tarquinio, direttore di Avvenire. Due amici coinvolti dal vescovo Reali per riflettere assieme sui 900 anni dalla fusione di Porto e Santa Rufina, diocesi nate nei primi secoli del cristianesimo. «Guardiamo a questo anniversario – ha introdotto il vescovo Reali – pensando alla nostra Chiesa edificata lungo i secoli da donne e uomini che giorno dopo giorno hanno contribuito con la loro fede ad annunciare la gioia del Vangelo, a vivere la fraternità, a glorificare Dio».
Un cammino bimillenario da leggere nelle parole dell’evangelista Marco: “chiamò quelli che volle perché stessero con lui e per mandarli a predicare”. «È Gesù – ha continuato il vescovo – a insegnarci che la Chiesa è comunione e missione». Papa Francesco affida il compito di riscoprire la natura della Chiesa nella Evangelii Gaudium su cui, ha aggiunto il presule «Ci soffermeremo per diffondere tra noi e nel nostro territorio l’adesione permanente alla conversione missionaria».
«La gioia dell’appartenenza a Cristo» è la chiave per vivere con pienezza il Vangelo, ha spiegato il cardinale Bassetti, nel suo intervento sottolineando che: «La missione a cui è chiamata ogni diocesi non può essere banalmente demandata a un ufficio pastorale. In forza del battesimo tutti siamo missionari, in tutti i luoghi dell’esistenza.
Dobbiamo tener conto del cambiamento d’epoca, annunciando il Vangelo senza accomodarlo per pregiudizi e strumentalizzazioni politiche». Quindi, sì alla rivoluzione della tenerezza e no al clericalismo «Che scambia il servizio agli altri col possesso di una fetta di potere, dobbiamo essere una Chiesa inclusiva», ha detto infine Bassetti, concludendo con un augurio alla diocesi «Forse tra la più antiche del mondo, e insieme tra le più giovani, magari con poche opere ma con davanti centinaia di miglia di persone. Avete un popolo da evangelizzare, di tutto questo ringraziate il Signore e fatevene vanto davanti a lui».
La sfida dell’annuncio chiede di accettare il confronto disponibile, onesto e rigoroso del cristiano con il mondo di oggi. Un’istanza che Marco Tarquinio ha sviluppato nella giornata conclusiva a partire dalla consapevolezza che «L’annuncio è comunicazione di una parola che non è la nostra ma che deve saper trovare tutte le parole del mondo». È l’ascolto il primo passo da fare sulle strade delle sofferenze e delle speranze dell’umanità, accettando il rischio del «campo aperto». «La genialità
cristiana ha saputo portare in ogni tempo la risposta di Cristo alle donne e agli uomini con quella compassione che rimane all’altezza delle persone», ha detto. Oggi «Cristo bussa non per entrare ma per uscire» verso le periferie esistenziali. La famiglia con le sue fragilità. I giovani in cerca di senso. Gli anziani soli, la cui «sostenibilità» è considerata un problema per alcune parti dell’economia mentre l’eutanasia diventa una questione sempre più rilevante: «Creare meccanismi nella società per facilitare la morte è una non libertà, una bestemmia contro la vita, la vita va servita perché è un dono». E poi la percezione errata sulle migrazioni.
Nei numeri reali il fenomeno che risulta è altro rispetto a quanto la propaganda strumentale propone: «Non si possono prendere pezzi di Vangelo e dire: sì va bene, ma fino a un certo punto. La prudenza è la prima virtù, ma mai fuga dal Vangelo».
La piazza è il luogo reale e digitale in cui i discepoli di Cristo raccontano il loro stile evangelico: chiari, mai volgari, a disposizione di tutti: «Ci facciamo riconoscere per il nostro amore reciproco nei mezzi di comunicazione che oggi utilizziamo? Nei media dobbiamo essere presenti, in comunione con il Papa e la Chiesa, per sostenerci come fratelli perché la vita buona è contagiosa», ha concluso Tarquinio.
Simone Ciampanella