È amore prendersi cura degli anziani e dei malati

Il progressivo invecchiamento della popolazione è ormai noto a tutti, esperti e non. Ciò che colpisce maggiormente nel panorama del 21° secolo è il fatto di assistere a una ridistribuzione demografica senza precedenti, secondo cui entro il 2050 la proporzione di anziani tenderà a raddoppiare, passando dall’11% al 22% della popolazione totale. Nei prossimi 5 anni, per la prima volta nella storia dell’umanità, il numero di individui di età uguale o superiore a 65 anni supererà quello dei bambini al di sotto dei 5 anni. Parallelamente a questo incremento dell’aspettativa di vita si è verificato un incremento delle patologie cronico–degenerative e, di conseguenza, della disabilità.

Tutto ciò ha comportato un aumento della spesa socio–sanitaria in un sistema che, però, in un momento così critico per l’economia mondiale non riesce ad organizzare servizi che soddisfino i bisogni di cura e di assistenza della popolazione anziana.

L’ufficio pastorale della salute di Porto–Santa Rufina, diretto dal diacono Michele Sardella, ha pubblicato un opuscolo che offre delle indicazioni sui servizi, le strutture e le metodologie di assistenza per tutte le persone che vivono nel territorio diocesano, e non solo, e che incontrano e utilizzano questi servizi e queste strutture del sistema socio–sanitario nazionale.

Si sa, le prime difficoltà si trovano nell’impatto burocratico, nel non conoscere a sufficienza diritti e doveri e nel non sapere quale sia il giusto interlocutore. Con il progressivo invecchiamento, le difficoltà economiche e l’aumento delle diversità nella popolazione, un atto d’amore verso l’uomo è anche fornire uno strumento d’aiuto che orienti a chiedere per scegliere; sulla via del dare gratuitamente quello che gratuitamente si è ricevuto.

È ovvio che possono esserci delle differenze tra le diverse Asl presenti nell’ambito del territorio nella gestione dell’assistenza, ma già il sapere dell’esistenza di servizi e strutture aiuta a garantire il diritto alle cure.

Alla conoscenza dei servizi a disposizione delle persone sofferenti va però legata la qualità dell’accompagnamento che coinvolge tutte le persone assieme al malato. L’arte dell’aver cura delle persone non si può imparare di sana pianta, spiega lo psicologo e antropologo don Donato Pavone che ha dedicato alcuni studi a questo tema su La rivista del Clero italiano. Chi si prende cura del malato deve soffermarsi sulla condizione esistenziale di chi soffre, impegnandosi con prudenza e pazienza per mettere al centro la persona con la sua unicità. Poi è fondamentale sviluppare l’aspetto comunitario attraverso cui sostenere la famiglia nell’emergenza e nella quotidianità.

L’opuscolo è stato diffuso sul territorio della diocesi e presentato nelle vicarie.

Emanuele Galante, oncologo