Assieme a san Michele l'8 maggio

L’impronta della sua mano sulla campana o l’apparizione come cavaliere bardato a un nobildonna per rassicurarla da ogni timore mentre entra nella chiesa. Tra i vicoli di Cerveteri, davanti alle osterie o semplicemente in famiglia queste storie sono conosciute bene, e da tutti. Vengono da lontano legando le generazioni e aiutando le nuove a innestarsi su un ceppo comune: la devozione verso san Michele Arcangelo, che si festeggia l’8 maggio.

Lo stesso giorno, ma quasi milleduecento anni fa nacque tra il popolo ceretano la certezza di essere stato difeso da san Michele in un momento decisivo per la propria sopravvivenza.

La tradizione collocherebbe i fatti a cui si riferisce la devozione religiosa alla fine del IX secolo durante l’imponente incursione saracena ai danni di gran parte dell’area mediterranea. Nell’842 le navi di questi pirati si muovono dai porti di Ostia e di Civitavecchia per raggiungere Roma, dove devastano le basiliche di San Pietro e San Paolo.

Nel racconto tramandato a Cerveteri si racconta che l’8 maggio dello stesso anno i saraceni decidono di prendere Cerveteri. Durante l’attacco, mentre si avvicinano alla città etrusca, la campagna cervetrana viene gradualmente ricoperta da una fitta nebbia che impedisce qualsiasi cammino. Come sempre nei momenti di pericolo suona la campana per segnalare alla gente di correre al riparo. Purtroppo però i rintocchi si trasformano in una trappola perché aiutano i pirati a trovare la giusta direzione. Quando sono prossimi alle mura della città il batacchio cessa di percuotere il bronzo, lasciando esterrefatto lo stesso campanaro.

La campana era quella dell’antica chiesa di San Michele sub ripa iuxta Cerveterem, situata presso la zona chiamata Greppe di Sant’Angelo. Tra l’altro proprio nei pressi del luogo dove è stato rinvenuto il vaso di Eufronio, e prossima alla Porta Sud dell’antica Caere, che sorgeva nel punto dove oggi è sita la cappellina di sant’Antonio, da cui entrava in città una variante della via Aurelia, in direzione Roma.

Non avendo più alcun riferimento gli invasori perdono ogni possibilità di arrivare alla città etrusca, desistono dal loro intento e fanno ritorno alle navi.

La sorpresa è grande tra i cervetrani, ma la certezza su chi avesse protetto la città non tarda ad essere condivisa: è stato san Michele, il difensore della fede, difensore della città in cui già era venerato. E il suo passaggio dicono gli abitanti è segnato dall’impronta della sua mano sulla campana, posata per cessarne il movimento. Da quel giorno Cerveteri proclama l’arcangelo suo protettore e da allora la fedeltà della città nei suoi confronti non è mai mancata.

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