Uniti ai Santi e ai Defunti in Cristo

Solennità di Tutti i Santi al Cimitero di Santa Marinella: don Salvatore, don Stefano, i Carmelitani padre John, padre Egidio e padre Isaia si sono riuniti unitamente al popolo di Dio, per celebrare l’Eucaristia nel Nome del Signore Gesù Risorto, dei Suoi Santi e il giorno seguente per la Commemorazione dei Fedeli Defunti. Luogo e date della tradizione Cristiana strettamente unite e inscindibili, che evidenziano come nei credenti la fede in Cristo, la venerazione nei confronti dei Santi e il rispetto per i Defunti siano profonde: la popolazione di Santa Marinella ha accolto gli Officianti per le Sante Messe delle due giornate autunnali sempre con la preghiera del Santo Rosario, tra viali alberati e siepi di sempreverdi dove regna l’armonia del silenzio interrotto solo dall’animazione dei canti liturgici delle suore Carmelitane prima, e delle suore delle Ancelle della Visitazione, poi.

Una delle memorie più antiche e sentite è ricordare i Fedeli Defunti andando a deporre al camposanto, fiori sulle loro tombe e accendere un piccolo cero, particolarmente nel giorno in cui la Chiesa fa loro memoria. Così  facendo, diamo continuazione alla tradizione che nacque nei tempi dei primi Cristiani della Chiesa primitiva, i quali già offrivano una degna sepoltura ai loro defunti. Nei piccoli Comuni italiani (Santa Marinella è uno di questi) è possibile trovare tra lapidi, cappelle gentilizie, fornetti e nella nuda terra quella vicinanza, quell’unione che ci ricongiunge affettivamente ai nostri cari scomparsi, difficilissima da trovare nella quotidianità ed è nel raccoglimento e nella Preghiera che ci riaccostiamo al mistero dei morti per Cristo, ma che con Lui sono eternamente viventi e a loro ci uniamo.

Due giorni veramente speciali e d’intensa comunione, nella gioia, tra Cielo e terra e un’attenzione particolare è stata rivolta all’ascolto delle Sacre Letture di questa Solennità di Tutti i Santi e in particolar modo al Vangelo di Matteo dove l’evangelista testimonia quanto detto da Gesù con le Beatitudini: sono la Sua promessa per noi Suoi discepoli di questo tempo, e un programma ben preciso e dettagliato di situazioni, comportamenti e mete da seguire e perseguire in terra, per raggiungere la Vita Eterna e Beata, così padre Isaia all’omelia. 

Altrettanto è accaduto nella Commemorazione del 2 Novembre, e sempre Matteo al Vangelo c’illustra come il Signore Gesù ci ammonisca a operare bene nelle nostre scelte. Gesù Cristo, l’Agnello di Dio farà le Sue: “Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra” e ancora “. Allora i giusti gli risponderanno: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”. E il re risponderà loro: “In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. La nostra santità, d. Stefano all’omelia, la guadagniamo giorno dopo giorno accogliendo, vestendo e prendendoci cura dell’altro, il povero, ma pur essendo tutti poveri peccatori tra noi ci sono quelli che amano col cuore di carne ed altri col cuore di pietra: le pecore e le capre … il Signore consegnerà le umili pecore alla vita eterna, e le capre alla perdizione eterna. Il camposanto è un luogo di riposo eterno, la morte ha già fatto il suo corso prima e fuori di qui … ritrovare i cari Defunti è per tutti noi gioia, ed è necessario aiutarli con la preghiera per favorire il transito dal Purgatorio alla visione della Beatitudine eterna di Dio.

E alla Celebrazione dei Fedeli Defunti, ha concelebrato il Decano dei Carmelitani, padre Nazareno 97enne esempio di esistenza vissuta con e per il Signore. Pensare che siamo separati dai Defunti è sbagliato, poiché esiste e sussiste una strettissima relazione tra noi viventi in terra e loro e ciò tramuta l’incontro col caro che non è più in un momento intenso, nel ricordo della vita trascorsa insieme, per cui la morte, sorella morte - così chiamata da San Francesco d’Assisi pochi istanti prima di lasciare questo mondo - è una porta attraverso cui raggiungiamo la dimensione profonda cui ambiamo, quell’aspetto invisibile in cui crediamo, perché - come diceva il saggio Piccolo Principe - l’essenziale è invisibile agli occhi: il resto è come superfluo.

Siamo, seppure esseri umani finiti, e tutta la nostra vita consiste nello scoprire l’immenso tesoro donatoci da Dio Padre: prima siamo un bambino che crescerà per poi essere, in adultità, nella dimensione della nostra maturità immensamente di più di ciò che appariamo, più di ciò che pensiamo di essere. Siamo figli adottivi di Dio, fratelli di Gesù, figli di Maria Santissima Regina di Tutti i Santi, ma se siamo di più tutta la nostra vita per quanto realizzata, per quanto soddisfacente non potrà mai riempire il bisogno assoluto di pienezza che portiamo nel nostro intimo: il bisogno d’amore - materno, paterno, filiale e di carezze - che solo il Signore Gesù sa dare. E Gesù ce lo conferma: è proprio così, la vita sboccia, fiorisce, cresce, termina e la Chiesa e la nostra fede ci propongono di vivere in unione soprattutto coi Giusti di Dio, appunto, nella Comunione dei Santi e con le nostre Famiglie; chi ci ha preceduto ha compreso e capito benissimo tutto questo. Noi?

Alessandro Pielich
 
foto: Santo Severini