È facile, quasi scontato, utilizzare la parola gioia per esprimere il sentimento che si prova davanti alla scelta di Salvatore Barretta e Giuseppe Curtò: i due diaconi che riceveranno la consacrazione presbiterale dal vescovo Reali giovedì prossimo alle 10, nella cattedrale dei Sacri Cuori di Gesù e Maria a La Storta. Eppure la gioia non esaurisce la forma del sentimento più ampio che si percepisce nella Chiesa diocesana.
Questa felicità è piena anche di gratitudine e, soprattutto, tanta speranza. Gratitudine per il loro desiderio e la costanza di corrispondere con la loro vita alla chiamata di Dio. Una disponibilità non scontata oggi, dove la liquidità delle relazioni e degli impegni può facilmente mutare la scelta che si è fatta e il “per sempre” perde la bellezza della sua unicità.
Invece, Giuseppe e Salvatore, attraverso strade differenti, hanno saputo reagire a quell’inquietudine che mostrava la mancanza di qualcosa nella loro vita. La nostalgia di una pienezza che riempie i giorni di senso. Che apre a una felicità vera. Che invoca la sua condivisione con tutti. Che chiede di essere servi di questa scoperta perché altri la sappiano riconoscere. Giuseppe questa luce l’ha trovata in una persona che testimoniava la gioia in maniera quasi paradossale. Nel pieno della sofferenza quell’uomo gli ha sparpagliato le carte della sicurezza lavorativa e del divertimento sempre e comunque. Anche se alla fine dei giochi, nel silenzio l’effimero svaniva e il vuoto si faceva largo nel suo cuore. Invece la visione di chi, sofferente, aveva più gioia di lui, lo ha avvinto e gli ha fatto riscoprire la Chiesa. Nella Chiesa Salvatore ci ha sempre vissuto, l’ha frequentata nelle parrocchie, ma la realtà sembrava distante da quella perfezione che immaginava di dover trovare. Poi ha compreso il limite della sua valutazione, che privava la comunità cristiana dell’umanità per cui poi ha deciso di dedicare la vita. Scelgono di saltare e si ritrovano insieme al seminario. Qui vivono l’embrione di una comunione nuova. Sono due. Sono una promessa di famiglia. E nei sette anni ad Anagni, al Pontificio collegio leoniano, coltivano amicizia e obiettivi.
Faranno tutte le tappe insieme. Ma la prima, dicono, è quella che fa loro toccare con mano la “diocesanità”. È l’ammissione agli ordini sacri durante l’assemblea dei giovani nel 2014. Stare insieme con i ragazzi della diocesi per due giorni e poi in mezzo a loro essere accettati dal vescovo nella strada che porta alla consacrazione ha donato una incredibile energia. Ha impresso loro la speranza di essere per gli altri. È questa consapevolezza di missionarietà, in cui Salvatore e Giuseppe crescono, a infondere nella comunità diocesana la speranza perché altri operai accorrano nella vigna, incuriositi da questi due lavoratori del campo che accettano l’impiego nel regno di Dio. Ma per la diocesi portuense si tratta di una speranza urgente, perché oggi come nella storia di questa antica, ma giovane, Chiesa, i sacerdoti non sono sufficienti al suo sviluppo. Per questo tutta la diocesi vuole e deve fare tutto ciò che è nelle sue possibilità affinché sorgano altri «sì». Perché come ha ricordato papa Francesco nella sua visita alle tombe di don Primo Mazzolari e don Lorenzo Milani «i parroci sono la forza della Chiesa in Italia, e lo ripeto. Quando sono i volti di un clero non clericale» allora «essi danno vita a un vero e proprio magistero dei parroci, che fa tanto bene a tutti».
La consacrazione dei due diaconi che escono dal Leoniano di Anagni si terrà nella Cattedrale della Storta. La gioia dell’intera comunità locale che così continua a crescere
Simone Ciampanella
(26/06/2017)