L’ecumenismo che abbatte i muri

Costruire un muro col solo scopo di abbatterlo e di chiedere perdono per averlo edificato. In una società che cerca di vedere ovunque nemici, il rimedio del muro sembra essere un valido strumento di protezione. E invece i cristiani vogliono eliminare questi steccati a partire da loro stessi, dalle loro divisioni. Un gesto controcorrente quello celebrato durante la Settima di preghiera per l’unità dei cristiani, che ha avuto come tema “L’amore di Cristo ci spinge verso la riconciliazione”, tratto dalla lettera ai Corinzi.

Porto–Santa Rufina ha risposto all’appello dell’apostolo Paolo organizzando tre incontri sul territorio, nelle comunità cattoliche che ospitano i fratelli ortodossi. A Cesano nella parrocchia di San Giovanni Battista, con il parroco don Federico Tartaglia, il cappellano dei nigeriani cattolici don Matteo Eze, e padre Gabriel Gabriel Ionità, guida degli ortodossi romeni. A Ladispoli nella parrocchia del Sacro Cuore con don Giorgio, don Adrian Chili, cappellano dei romeni cattolici e da padre Lucian Birzu, parroco dei romeni ortodossi. A Fiumicino nella parrocchia Stella Maris con padre Mario Roncella e padre Cristian Olteanu, parroco dei romeni ortodossi.

Le celebrazioni hanno avuto come denominatore comune la richiesta di perdono a Dio per i molti peccati che hanno favorito le divisioni dei cristiani. La mancanza d’amore, l’odio e disprezzo, le false accuse, la discriminazione, la persecuzione, la comunione spezzata, l’intolleranza, le guerre di religione, la divisione, l’abuso di potere, l’estraniamento e l’orgoglio. Dodici pesanti mattoni che hanno costruito la separazione tra i discepoli di Cristo e che simbolicamente sono stati messi insieme durante le tre celebrazioni per porre ognuno davanti al muro del suo peccato. Poi la costruzione è stata abbattuta e dai suoi resti è stata formata una croce, quella che tutte le confessioni cristiane riconoscono come gesto supremo d’amore e di sacrificio per i propri amici.

di Enzo Crialesi

(30/01/2017)