Quando Cristo ha parlato per la prima volta agli uomini del mistero della Divina Eucaristia, ha chiamato se stesso pane della vita, pane disceso dal cielo per offrirsi per la vita del mondo: « Io sono – disse – il pane della vita… il pane che discende dal cielo… Io sono il pane vivo, che è disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo » (Gv 6,48-51).
Cristo è il pane della vita che è disceso dal cielo (ho katabàs), per la potenza dello Spirito santo. È disceso, il giorno dell’annunciazione, nella Vergine sovrabenedetta, e la Vergine è divenuta terra buona e benedetta che ha germinato il pane della vita. Cristo è il pane della vita che discende continuamente dal cielo (ho katabaínon), per la potenza dello Spirito santo. Discende, al momento dell’annunciazione eucaristica, nella vergine Chiesa, e la santa Chiesa diviene terra buona e benedetta che germina il pane della vita. È nella Divina Liturgia che si compie tale evento della discesa di Cristo e della sua presenza nella Chiesa. Perché la Divina Liturgia è Cristo in mezzo a noi: « Ecco, io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo » (Mt 28,20).
Se la Divina Liturgia è Cristo con noi, proporne una spiegazione significa, in realtà, fare un discorso su Cristo. I santi evangelisti e i padri teofori ci hanno parlato di Cristo in base all’esperienza che hanno avuto di lui, fianco a fianco. In base all’esperienza che di lui hanno avuto nella Divina Liturgia: « Ciò che era fin da rrincipio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbiamo veduto con i nostri occhi, ciò che abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Verbo della vita (poiché la vita si è fatta visibile, noi l’abbiamo veduta e di ciò rendiamo testimonianza e vi annunciamo la vita eterna)… » (1Gv 1,1-2). Una “spiegazione” odierna della Divina Liturgia dovrebbe dunque scaturire dalla visione di Cristo, dall’ascolto di Cristo, dal contatto palpabile con Cristo da parte di un uomo di oggi. Chi tuttavia scrive queste righe è cieco, sordo e insensibile spiritualmente. Per questo egli è ricorso a coloro che hanno visto la Luce vera, che hanno ascoltato il Verbo e hanno toccato “la cima inviolata del Signore”: questo libro è costituito dalle esperienze eucaristiche dei santi. È la Divina Liturgia come l’hanno vissuta i santi. Come l’ha vissuta e la vive oggi la nostra Santa Chiesa. Poiché anche oggi, nei tempi difficili che attraversiamo, ci sono cuori incendiati dall’amore di lui. Che vivono la presenza di lui accanto all’altare. Anche oggi ci sono anime che nell’ora della Divina Liturgia concelebrano con gli angeli e con i santi. Vivono nel regno benedetto di Dio.
Forse qualche fratello, leggendo le esperienze liturgiche dei santi che questo libro racchiude, potrà trovare un aiuto per avvicinarsi ad essi, cioè a Cristo. Lì, nel regno di Dio, lo supplico di pregare, con tutti i santi, per colui che ha raccolto dai loro favi il miele che addolcisce e sostenta l’uomo.
2 – TEOFANIA TRINITARIA
Nella Divina Liturgia coesistono le realtà vicine e quelle lontane, il principio e la fine. Perché la Divina Liturgia è il mistero di Cristo. E come Cristo è « l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine » (Ap 22,13), così la Divina Liturgia è, in Cristo, la sinassi dello spazio e del tempo e la loro trasfigurazione in spazio liturgico e in tempo liturgico: « La pasqua del Signore si avvicina, i tempi si uniscono, gli spazi si congiungono e il Verbo che ammaestra i santi si rallegra, lui, per mezzo del quale il Padre è glorificato, cui è la gloria nei secoli. Amen ».
La divina economia è la manifestazione dell’amore del Dio trinitario per l’uomo. Se autore e attore della nostra salvezza è stato il Verbo di Dio, il Padre si compiace dell’opera del Figlio e lo Spirito santissimo coopera: « La teofania teandrica nella carne – dalla sempre vergine Maria – si è compiuta perché il Padre l’ha voluta, il Figlio si è incarnato, lo Spirito ha cooperato ».
Il mistero della divina economia è una teofania trinitaria. La Divina Liturgia – in cui si rivive per grazia tale mistero – è dunque anch’essa una teofania trinitaria. Il suo celebrante « ci svela la santa Trinità », scrive Gregorio il Teologo.
Dall’inizio alla fine la liturgia eucaristica ci aiuta a vivere il mistero della presenza trinitaria. Il sacerdote comincia: « Benedetto il regno del Padre, del Figlio e dello Spirito santo ». « Grazie all’incarnazione del Signore gli uomini hanno visto in Dio, per la prima volta, una Trinità di persone. Ciò che si compie nella celebrazione è iniziazione misterica a tale incarnazione del Signore. È necessario pertanto che, fin dal suo esordio, risplenda e sia annunciata la Trinità ».
Seguono le ekphônêseis trinitarie, le tre antifone, l’inno trisagio che cantiamo « alla Trinità vivificante ». E quando si avvicina il momento centrale del mistero, ci vengono offerti dal celebrante « la grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito santo ».
Ringraziamo poi Dio per tutto ciò che il suo amore ha operato per noi: « Tu dal nulla ci hai tratti all’esistenza e, caduti, ci hai rialzati; e nulla hai tralasciato di fare fino a ricondurci al cielo e a donarci il futuro tuo regno. Per tutti questi beni rendiamo grazie a te, all’Unigenito tuo Figlio e al tuo Spirito santo ». Dopo il rendimento di grazie supplichiamo il Padre delle luci perché mandi il Paraclito a consacrare l’offerta del Figlio. E il Paraclito viene come « voce di un vento leggero » (1 Re 19,12) e opera « il miracolo dei misteri »: ci dona Cristo. Tutto si riempie della luce della Divinità trisolare. E noi siamo ospiti dell’amore trinitario. Comunichiamo al santo corpo di Cristo e diventiamo templi della Trinità santissima. Perché « se “uno” è in noi, è possibile dire che la Trinità (intera) è in noi ». Il corpo del fedele diviene “dimora” del Dio trinitario: « Ha Cristo dimorante in se stesso, e il Padre di lui, e il Paraclito », insegna il Crisostomo a proposito di chi si è unito a Cristo nell’Eucaristia.
Al termine della Divina Liturgia la nostra anima “portatrice di Cristo” effonde la luce trinitaria: « Abbiamo visto la luce vera, abbiamo ricevuto lo Spirito celeste, abbiamo trovato la vera fede, adorando la Trinità indivisibile: essa infatti ci ha salvati ».
COS’È LA DIVINA LITURGIA
1-“RICAPITOLAZIONE DI TUTTA L’ECONOMIA”
Tutti gli eventi mirabili compiuti da Dio per riportare nella sua casa l’uomo dopo la disubbidienza e renderlo di nuovo suo familiare vengono chiamati – nel loro insieme – divina economia: « L’economia di Dio e nostro Salvatore, riguardo all’uomo, consiste nel richiamarlo dalla sua condizione di decadimento, nel ricondurlo alla familiarità di Dio dallo stato di alienazione causato dalla disobbedienza ». È nella Divina Liturgia che noi viviamo – rendendo grazie a Dio – tale evento della nostra salvezza in Cristo. « I misteri pieni di doni di salvezza che celebriamo in ogni riunione liturgica sono chiamati “Eucaristia”, cioè ringraziamento, perché sono il memoriale dei molti benefici ricevuti e presentano la manifestazione più elevata della provvidenza di Dio », ci ricorda il Crisostomo. Nella Divina Liturgia si rivive – sotto i segni misterici – l’intera economia; essa è « la ricapitolazione di tutta l’economia ». Per questa ragione al suo termine il celebrante dice: « È compiuto e terminato, o Cristo Dio nostro, il mistero della tua economia ».
Il mistero della divina economia si è manifestato simultaneamente alla disobbedienza dell’uomo. Il Signore filantropo – annota il Crisostomo – « vide subito quant’era successo (la caduta) e la grandezza della piaga, e si affrettò a procedere alla cura perché essa, allargandosi, non si convertisse in una ferita inguaribile… Nemmeno per un istante cessò, mosso dalla sua bontà, di provvedere all’uomo ». Con opere mirabili e con parole profetiche Dio preparava l’uomo a partecipare alla pienezza della vita e dell’ amore.
Alcuni eventi e profezie dell’Antico Testamento si riferiscono direttamente al mistero della divina Eucaristia. Il primo tra essi è l’offerta di pane e di vino compiuta da Melchisedek (Gen 14,1820). Melchisedek « era figura ed immagine del vero sommo sacerdote Cristo », scrive Giovanni Damasceno. E la sua offerta: imitazione dell’offerta di Cristo. Egli, « mosso da spirito profetico, avendo compreso che l’oblazione futura sarebbe stata presentata per le genti, prestava culto a Dio con pane e vino, imitando il Cristo venturo ». Nello Spirito santo Melchisedek vive il futuro nel presente e “ imita ” ciò che non si è ancora compiuto.
Il sacrificio di Isacco (Gen 22,1-14) è ugualmente una prefigurazione del sacrificio di Cristo e dell’ offerta eucaristica. Lo stesso dicasi per il sacrificio del profeta Elia (1 Re 18,1-40). Anche la visione di Isaia (Is 6,1-7) si muove in un’ atmosfera liturgica: il Signore siede sul trono, attorniato dai serafini, i quali cantano il trisagio, mentre viene offerto il sacrificio dell’incenso. Una profezia del patriarca Giacobbe (Gen 49,11) e una del profeta Malachia (Mal 1,11) si riferiscono anch’esse, a detta dei Padri, alla Divina Eucaristia.
È la pasqua giudaica, tuttavia, a rappresentare l’evento prefigurativo per eccellenza dell’ Eucaristia.
Tale festa era un memoriale continuo della salvezza degli ebrei dalla mano degli egiziani e un continuo rendimento di grazie a Dio per i suoi benefici. I fatti accaduti al momento della fuga dall’Egitto, osserva il Crisostomo, sono « misteri tremendi e terribili, ricchi di grande profondità. Se poi quei misteri sono così terribili nelle figure, quanto più nella verità … Ora, la verità è questa. Anche noi mangiamo la pasqua, Cristo! ».
Tutte le vicende ricordate hanno preparato la pienezza del tempo, in cui si manifesta la verità: Cristo. E in cui, al tempo stesso, si manifestano le reali dimensioni del mistero della divina economia. Perché Cristo è la ricapitolazione di tale mistero e ogni evento della sua vita è per l’uomo una benedizione divina. La totalità, poi, degli eventi della vita di Cristo trova la sua celebrazione nella liturgia eucaristica: « Ciò che si compie nel divino sacrificio è immagine (týpos) della salvifica passione, sepoltura e risurrezione di Cristo… e di tutta la sua salvifica permanenza tra noi ed economia nei nostri confronti », scrive il vescovo di Andida Teodoro. Nella sinassi eucaristica il celebrante, « stando davanti al divino altare celebra le sante operazioni di Gesù… In seguito… opera i divinissimi misteri e porta alla vista le cose celebrate ». Davanti a noi si dispiega la vita di Cristo, poiché « l’intera mistagogia è come un’unica rappresentazione di un medesimo “ corpo ”, che è la vita del Salvatore ».
* * *
San Giovanni Crisostomo scrive che « gli occhi della fede vedono l’invisibile ». Poniamoci dunque all’ascolto del santo “cristoforo” – “portatore di Cristo” – che vide, nella Divina Liturgia, l’invisibile.
Il luogo in cui si celebra l’Eucaristia è Betlemme: affrettati ad « accorrere a Betlemme (la Chiesa), dove è la casa del pane spirituale ». Assieme ai Dodici, nella camera alta di Sion, partecipiamo al convito: nella Divina Liturgia « c’è la stessa cena alla quale Gesù prese parte con gli apostoli. Non c’è infatti nessuna differenza tra l’ultima cena e la cena dell’altare ». « Questo è lo stesso cenacolo dove, allora, erano riuniti Gesù e gli apostoli; di là essi uscirono per andare al monte degli Ulivi ».
Il santo altare diviene poi “luogo del cranio” e Golgota tremendo: « Questo (il mistero dell’ Eucaristia) è tipo di quello (il sacrificio del Golgota), e viceversa: poiché offriamo sempre lo stesso Cristo ». Lasciato il Golgota, giungiamo al luogo della risurrezione: « Il mistero celebrato a Pasqua non è per nulla più grande di quello che ora stiamo celebrando. È un unico e medesimo mistero, come medesima è la grazia dello Spirito: è sempre Pasqua ».
La divina Eucaristia è la Pasqua incessante della Chiesa. È il principio del nuovo eone che irrompe in quello vecchio e lo rinnova. È la presenza carismatica del regno futuro: « Non hai cessato di fare tutto quanto era necessario per ricondurci al cielo, e ci hai fatto dono del tuo regno futuro ». Cristo ci ha donato, fin d’ora, il regno futuro e ci dà la possibilità di camminare nel cielo: « Ha reso accessibile, percorribile, il cielo ». E – cosa ancora più tremenda – ci rende degni di accogliere in noi il Signore del cielo.
Nella Divina Liturgia coesistono le realtà vicine e quelle lontane, il principio e la fine. Perché la Divina Liturgia è il mistero di Cristo. E come Cristo è « l’Alfa e l’Omega, il Primo e l’Ultimo, il principio e la fine » (Ap 22,13), così la Divina Liturgia è, in Cristo, la sinassi dello spazio e del tempo e la loro trasfigurazione in spazio liturgico e in tempo liturgico: « La pasqua del Signore si avvicina, i tempi si uniscono, gli spazi si congiungono e il Verbo che ammaestra i santi si rallegra, lui, per mezzo del quale il Padre è glorificato, cui è la gloria nei secoli. Amen ».
3 – CONVEGNO – SINODO DEL CIELO E DELLA TERRA
La presenza del Dio trinitario conferisce alla sinassi eucaristica le sue reali dimensioni. Essa è convegno- sinodo - della terra e del cielo.
Lo spazio dove si celebra la santa oblazione diviene « la tenda di Dio con gli uomini» (Ap 21,3). Assieme all’uomo glorifica Dio la creazione intera. Tutte le realtà si raccolgono insieme (epì to autó), « sull’altare posto davanti al trono » di Dio (Ap 8,3). Dio, scrive san Dionigi, che è « la bellezza sovraessenziale, è chiamato bellezza (kàllos)… , perché chiama (il verbo è kaléo) a sé tutte le cose… e tutte in tutte le raccoglie (synàgô) insieme ».
Tutta quanta la creazione si raccoglie in unità e ringrazia Dio. Ecco l’essenza della Divina Liturgia: il riunirsi – ovvero la sinassi –dell’universo in uno stesso luogo e il suo mettersi in cammino verso il regno del Dio trinitario. Per tale ragione il Crisostomo e altri Padri la chiamano sýnodos, perché tutti insieme con-camminiamo in direzione di Dio: « Nessuno di coloro che mangiano questa Pasqua (la divina Eucaristia) guardi all’Egitto, ma al cielo, alla Gerusalemme celeste ».
La Divina Liturgia è la presenza di Cristo: « Quando stai per accostarti alla sacra mensa, credi che lì è presente il Re di tutti ». Cristo, « che raduna (ekklêsiàzôn) tutte le creature », convoca attorno al santo altare tutte le realtà e « provvidenzialmente le unisce sia a se stesso che fra di loro ».
Accanto a Cristo vi è la Madre di Dio. Ancor prima che Cristo imbandisse la sua cena, nella Santissima si è celebrato – per la potenza dello Spirito santo – il mistero della nostra salvezza: « Il tuo seno è divenuto mensa santa su cui ha riposato il Pane celeste ». Nella Divina Liturgia la Regina dei cieli si trova alla destra del Re: « Dove Cristo si è assiso… sta anche lei… perché davvero è il suo trono: dove siede il re, lì vi è il trono ».
Il mondo angelico è la scorta di Cristo. Il Signore avanza verso il Golgota « invisibilmente scortato dalle angeliche schiere ». E nel momento dell’ offerta gli angeli glorificano con noi la bontà di Dio.
Assieme alle potenze angeliche partecipa alla divina Eucaristia “il coro dei santi”. Attorno all’altare, accanto a Cristo, « si trova, inseparabilmente, la schiera dei santi». La sinassi eucaristica è la festa della vittoria di Cristo. E quanti si sono uniti a lui nel cammino sono presenti in questo momento: « Quando si celebrano i trionfi dei re per la vittoria sono acclamati anche coloro che vi hanno preso parte… , così anche qui: questa è l’ora del trionfo ».
Nella Divina Liturgia sono presenti, altresì, i nostri fratelli defunti, per i quali invochiamo la misericordia di Dio. L’atto di commemorarli nell’assemblea liturgica significa per le loro anime « molto profitto, grande giovamento ».
In tal modo, cielo e terra, angeli e uomini, vivi e defunti festeggiano insieme e insieme ringraziano il Signore per il suo amore. « Terra e mare, regioni abitate e regioni deserte inneggeranno eternamente, rendendo grazie per i beni ricevuti ». Tutte le creature elevano il loro ringraziamento: « A Colui che siede sul trono e all’Agnello lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli » (Ap 5,13).
4 – INCORPORAZIONE IN CRISTO DEL FEDELE
Con il sacramento eucaristico Cristo offre all’uomo il suo santo corpo e il suo santo sangue perché l’uomo diventi « un solo corpo (sýssômos) e un solo sangue (sýnaimos) con lui ». Cristo stesso, quando per la prima volta ha parlato del mistero, ha detto: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui » (Gv 6,56).
L’uomo riceve in sé Cristo e Cristo l’uomo. Cristo è al tempo stesso abitazione dell’uomo e colui che inabita l’uomo. Tale fatto è una dimostrazione del suo amore per l’uomo.
Dobbiamo, dice il Crisostomo, conoscere « il miracolo dei misteri, cosa sia mai, perché fu dato, quale ne sia l’utilità. Diventiamo un solo corpo e membra, è scritto, tratte dalla sua carne e dalle sue ossa (Ef 5,30) ». E continua: «Per non diventare dunque un solo corpo con Cristo unicamente nell’amore ma nella realtà stessa, mescoliamoci con quella carne! Ciò avviene con il cibo che egli ci ha donato, quando ha voluto mostrarci l’amore appassionato che nutre per noi». Il Crisostomo conclude: «Per questo si è mischiato con noi ed è divenuto con noi un solo corpo, perché fossimo con lui una cosa sola, come il corpo è congiunto alla testa. Segno, questo, di coloro che amano con ardore».
Il fedele grazie alla divina comunione diviene un solo corpo con Cristo, un’unica mistura, un unico amalgama, un unico impasto. E tutto ciò si verifica non solo in teoria, «ma nella realtà stessa». All’amore di Dio – insegna il Crisostomo – non sono bastati l’incarnazione, la passione, il sepolcro. Esso va oltre, fino all’offerta dell’Eucaristia, alla cristificazione dell’uomo. Con la divina Eucaristia Cristo « fonde se stesso con noi, e non solo per la fede ma nella stessa realtà ci rende suo corpo ». Un’ altra volta, ancora, il santo “portatore-di-Cristo” sente il Cristo parlargli: « Sono disceso di nuovo sulla terra, non solo per mescolarmi tra quelli della tua gente, ma anche per abbracciarti: mi lascio mangiare da te e mi lascio sminuzzare in piccole parti, affinché la nostra unione e mescolanza siano veramente perfette. Infatti, mentre gli esseri che si uniscono conservano ben distinta la loro individualità, io invece costituisco un tutt’uno con te. Del resto non voglio che qualcosa si frapponga tra noi; questo solo io voglio: essere entrambi una cosa sola ». Tra Cristo e il fedele non si frappone più nulla. Nel fuoco del suo amore tutto si è sciolto: « Noi e Cristo siamo una cosa sola ».
Solo un santo può esprimersi in maniera così audace. Così, effettivamente, hanno parlato i santi:
« Membra di Cristo diventiamo,
e Cristo diviene le nostre membra:
Cristo, la mano mia, e Cristo, il piede mio
– di me, tutto miseria –;
e io, miserabile, mano di Cristo e piede di Cristo.
Muovo la mano, e la mia mano è Cristo tutto intero
– considera anche l’indivisibile divinità divina –.
Muovo il piede, ed ecco, brilla come lui.
Non dire che bestemmio, ma accogli quanto attesta
e adora il Cristo che di te fa questo »
(Simeone il Nuovo Teologo).
Le parole dei santi non sono figure letterarie tese a impressionare l’ascoltatore. Sono empiti di cuori inondati da Cristo. In questa inondazione della Vita e della Luce tutto l’uomo risplende. Tutte le sue membra emanano luce. Il mondo in cui vive e si muove il santo si riempie, esso pure, della luce di Cristo.
* * *
Offrendo a Dio pane e vino offriamo il mondo. E il mondo diviene Eucaristia: « Quando il calice mescolato e il pane preparato ricevono la parola di Dio (ossia l’invocazione dello Spirito santo) di vengono Eucaristia, cioè il sangue e il corpo di Cristo ». Con la discesa del Paraclito « su di noi e sui doni qui presenti » l’uomo viene santificato e cristificato, la creazione è santificata e rinnovata. L’uomo diviene per grazia Cristo, e il mondo casa di Dio. Il mistero diventa la porta attraverso cui Cristo entra nell’uomo e nel mondo: « È questa la via (la via dei santi misteri) che il Signore ha tracciato venendo a noi, è questa la porta da lui aperta entrando nel mondo; né, quando è tornato al Padre, ha voluto chiuderla, ma per essa dal Padre ritorna agli uomini ».
Nella festa dell’Eucaristia pasquale tutto si rinnova: il mondo torna a ricevere la benedizione di Dio e l’uomo è cristificato. Viviamo, in tal modo, l’inizio e l’inaugurazione del nuovo eone. L’inizio dell’ultimo giorno, quando il Signore farà il suo ritorno e « sarà circondato dal coro dei servi buoni; al suo splendore anch’essi risplenderanno ». Il Dio-uomo sarà allora « Dio in mezzo a dei, bellissimo corifeo di un coro bellissimo ».
Quando i fedeli si raccolgono in un luogo fissato e in un tempo stabilito per celebrare la divina Eucaristia, questa loro sinassi manifesta il mistero della Chiesa. La Chiesa e l’Eucaristia sono il corpo di Cristo, sono lo stesso Cristo. Incorporandoci nella Chiesa Cristo «ci ha fatti suo corpo e (attraverso l’Eucaristia) ci ha trasmesso il suo proprio corpo».
La cena dei misteri è l’inizio storico al tempo stesso dell’Eucaristia e della Chiesa. Nella cena di Cristo domina il suo sacrificio sulla croce. E proprio il sacrificio del Signore sulla croce, ossia l’amore divino che arriva “sino alla fine”, è il fondamento su cui si costruisce la Chiesa. Il sangue e l’acqua che fuoriuscirono dal fianco del Signore, quando “uno dei soldati” lo colpì con la lancia (Gv 19,34), sono simboli del battesimo e dell’Eucaristia. Da questi sacramenti nasce la Chiesa. « Uscì dal fianco sangue ed acqua. Non sorvolare semplicemente, o diletto, il mistero, perché io ho ancora un’altra interpretazione mistica da esporre. Dissi che quel sangue e quell’acqua sono simboli del battesimo e dei misteri (della divina Eucaristia). Da questi due è stata generata la Chiesa ». « Uscì sangue ed acqua … Da qui traggono inizio i misteri ». I misteri del battesimo e dell’Eucaristia hanno il loro inizio nella croce. E questi stessi misteri costituiscono la Chiesa.
La Chiesa nasce da Cristo, si nutre di Cristo: Cristo « nutre di sé coloro che ha generati (nel santo battesimo) ». Questo nutrimento divino edifica la Chiesa. Fa della Chiesa il corpo di Cristo: Cristo « è colui che per noi s’è fatto cibo; con lui ci mescoliamo e ci fondiamo, e così siamo fatti di Cristo corpo uno e carne una ». Scrive l’apostolo Paolo: « Poiché c’è un solo pane, noi, pur essendo molti, siamo un corpo solo: tutti infatti partecipiamo dell’unico pane » (1 Cor 10,17). Noi, pur essendo molti, grazie all’unico pane, il Cristo, costituiamo un unico corpo, la Chiesa. In tal modo ogni sinassi eucaristica è la sinassi della Chiesa intera, perché l’ Eucaristia è il mistero di Cristo.
Con la sua incarnazione Cristo « ha assunto carne di Chiesa »; « è venuto nella casa di lei e ha trovato lei infangata, insudiciata, spoglia, sporca di sangue; l’ha dunque lavata (con il santo battesimo), l’ha unta (con il santo crisma), l’ha nutrita (con la divina comunione), l’ha vestita con una veste di cui non puoi trovare eguale; dopo esser divenuto lui stesso la sua veste e averla presa per mano, la risolleva in alto ». La porta nel regno celeste, lì dove si celebra la Divina Liturgia.
Brano tratto da H ΘEIA AElTOΎΡΓΙΑ, Monte Athos 19983 Traduzione e presentazione a cura di Antonio Ranzolin L.E.V. – CITTÀ DEL VATICANO 2002
(13/12/2010)