Lì dove la Diocesi è nata

Isola Sacra di Fiumicino, il Vescovo celebra la memoria di Sant'Ippolito

«Il vescovo Ippolito vedeva nel borgo di Porto, da lui servito come pastore, il punto di incontro delle genti che giungevano a Roma, ma anche l’occasione per lodare il Signore per le bellezze di questa terra e per annunciare la bellezza del Vangelo». Un'omelia centrata su accoglienza, custodia della casa comune, importanza e bellezza delle relazioni orientate verso la speranza della vita eterna. Questi contenuti ha condiviso il vescovo Gianrico Ruzza a Fiumicino, il 5 ottobre, nella festa di Sant’Ippolito, primo vescovo di Porto e martire, patrono della diocesi e del Comune di Fiumicino. Nella memoria di Ippolito la diocesi di Porto-Santa Rufina ha concluso anche il #Tempodelcreato, vissuto nelle settimane scorse assieme alla diocesi di Civitavecchia-Tarquinia.

La preghiera corale è stata avviata dalla processione partita dalla vicina Parrocchia Santa Maria Madre della Divina Provvidenza. Il corteo con i sacerdoti, le confraternite e le autorità civili, tra cui il sindaco Mario Baccini, ha raggiunto le rovine dell’antica basilica di Sant'Ippolito. Tra i resti del tempio, reso accessibile per tutta la giornata grazie alla disponibilità degli operatori e responsabili del Parco Archeologico di Ostia Antica, è stato letto il resoconto della passione. Invitato ad apostatare, il vescovo Ippolito è rimasto fedele al Vangelo di Gesù Cristo e, dopo un processo sommario, condannato a morte. Con dei pesi legati alle mani e ai piedi viene gettato in una profonda cisterna piena d’acqua per cui subito è trascinato a fondo ed affoga.

«Un vescovo come Ippolito ha vissuto con energia e con grande coraggio il suo ministero di responsabilità verso il Signore Gesù e la popolazione che Cristo gli aveva affidato», ha detto il vescovo soffermandosi sui concetti di responsabilità e relazione, raccolti nel racconto della Genesi, quando Dio ha incaricato Adamo di nominare le creature e di custodirle. 
Ed è nel rapporto tra uomo e donna, ricordato nel Vangelo di Marco, che il Signore Gesù, riafferma la radice indissolubile del matrimonio tra l'uomo e la donna. Lo stesso legame che un pastore ha verso la sua Chiesa: «Ippolito avrà certamente compreso che la comunità che egli serviva era la famiglia di cui aveva bisogno e che Dio gli donava per completare la sua vita. Per essa ha consegnato la propria vita, per rimanere fedele a quel Cristo che non poteva non annunciare».   (RED. - si. cia.)
 
 
 
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