Come i viandandi di Emmaus: in cammino per incontrare il Signore

Nella festa liturgica di San Luca evangelista, il vescovo Ruzza propone la lettera di inizio anno pastorale ispirata ai discepoli di Emmaus

 

Carissime sorelle e carissimi fratelli in Cristo,

riprendendo il nostro cammino all’inizio di questo anno pastorale, siamo chiamati a contemplare l’icona dei due viandanti di Emmaus che camminano con ansia e dolore (Lc 24, 13-35). Siamo dinanzi ad una pagina famosissima, che tutti conoscono. Possiamo rileggerla ancora e vi invito ad interpretarla alla luce del cammino sinodale che ci chiede di operare un discernimento spirituale in base a ciò che è emerso dall’ascolto sinodale.

Le due commissioni sinodali delle nostre Diocesi procederanno per aprire il percorso di discernimento che si svolgerà nei Consigli Pastorali Diocesani e nei Consigli Presbiterali (nel caso della Diocesi portuense anche attraverso la Consulta per le Aggregazioni laicali che stiamo costituendo). Sarebbe bellissimo – come ho detto ai sacerdoti negli incontri dei giorni scorsi – che ogni comunità decidesse di fare dello stile dell’ascolto sinodale il riferimento per ogni scelta, per ogni “passaggio” di crescita: che, cioè, la modalità sinodale divenisse la prassi costante per vivere e crescere come comunità inserita in un territorio: un modo ancora più incisivo di essere parrocchia, casa tra le case!

Scegliendo di rileggere la pagina di Emmaus, provo a delineare qualche riflessione che può sostenere il cammino di ogni comunità. Le righe che state leggendo desiderano essere un ulteriore contributo ai tanti commenti e alle tante riflessioni che più volte avrete potuto fare.

In quello stesso giorno. Inizia così la pagina lucana. Accogliamo l’espressione come un invito a “stare dentro la storia che viviamo”. Sì, siamo Chiesa che è immersa in un contesto sociale e culturale molto impegnativo ed in uno scenario geopolitico drammatico. In questi giorni il conflitto nella terra di Israele-Palestina aggiunge preoccupazioni grandi alla sofferenza per la martoriata vicenda ucraina, oltre che per le decine di conflitti aperti nel mondo.

Stiamo dentro la storia del nostro tempo, con tutte le complessità e le fatiche che ciò comporta. Come Chiesa abbiamo il compito di interrogarci sulle modalità che ci accompagnano nella relazione con il tempo che viviamo. E qui vedo molte difficoltà, in gran parte legate alla diversità di linguaggi e al faticoso compito della comunicazione. Possiamo chiederci: abbiamo un linguaggio adatto per parlare agli uomini del nostro tempo (in particolare ai giovani)? Siamo in grado di comunicare la buona notizia in modo esaustivo considerando la confusione culturale in cui le persone sono immerse? E così entriamo in un primo ambito del discernimento proposto per il cammino sinodale.

Proprio in quel giorno due uomini erano in cammino. La comunità cristiana cammina con gli uomini e le donne che la compongono e con quanti/e sono fuori di essa: sono coloro che osservano, a volte sono incuriositi, spesso si sentono lontani/e. L’apparizione di Gesù che si accosta ai due discepoli e si mette a camminare insieme a loro ci ricorda che abbiamo l’impegno di proporre la Parola di Dio agli uomini e alle donne del nostro tempo facendoci prossimi a loro: non potremmo evangelizzare se non saremo empatici con le persone che incontriamo e per far ciò dobbiamo vivere lo stile della prossimità. Ecco il secondo ambito del cammino di discernimento sui cui siamo chiamati a confrontarci.

Che sono questi discorsi che state facendo tra voli lungo il cammino? Gesù chiese a Cleopa e al suo amico su che cosa si fossero incagliati nella discussione (chiamiamola così…). Qual è il nodo dello sconforto, della rabbia, della delusione che anima il loro cammino? Osserviamo la vita delle nostre sorelle e dei nostri fratelli nel contesto odierno: quanta tristezza, quante delusioni, quante amarezze, quanto disincanto! È proprio a queste persone che vorremmo offrire la gioia e la speranza del Vangelo. Guardando il cuore dei nostri interlocutori, con le sue contraddizioni e le sue ferite, troveremo il modo di porre nel loro animo un annuncio.

Ti cerco nelle radici della mia pena,

nella notte dei sensi,

nel bagliore che accende

la mente e il cuore.

Disperi la mia vita.

Non sei mai bella come la struggente

volontà di cercarti.

Né semplice come la roccia,

l’acqua, lo stelo.

Né vera come l’anima che manifesti.

Ma sei tutto, parola:

dolore dell’uomo,                                                                                                                                                                                                   

amore di Dio.

(Donata DONI, Il pianto dei ciliegi feriti, Roma, 1963, Ed. di Storia e Letteratura, p. 58)

           

Stolti e lenti di cuore nel credere a tutto ciò che hanno detto i Profeti! Gesù rimproverò i due stolti e lenti di cuore nel credere alla Parola: in tal modo iniziò con loro un cammino di formazione spiegando come tutte le Scritture convergessero nell’annuncio del Mistero Pasquale. Ecco: formazione! Una delle richieste più forti ed incisive che è salita dalle nostre comunità nel tempo dell’ascolto sinodale. Perciò dovremo confrontarci sui percorsi e sulle modalità della formazione (in particolare della formazione alla vita spirituale) ed è questo il terzo ambito di discernimento che toccheremo nel corso di questo anno.

Allora Gesù rivela l’economia della Redenzione: «Non doveva forse il Cristo patire queste cose e entrare così nella gloria?». Commentando i testi del l’Antico Testamento, a cominciare da Mosè e prose­guendo poi con i Profeti, spiegò ad essi in tutte le Scrit­ture le cose che lo riguardavano. Ignoriamo quali fos­sero i testi spiegati da Cristo e applicati a sé dalla sua persona. Ma sappiamo che l’argomento era di quelli che dovevano fare impressione sugli Ebrei. Cristo stes­so durante la sua vita terrena ne aveva inculcato il va­lore. Salendo a Gerusalemme aveva detto. «Ecco che si compirà tutto ciò che è stato scritto dai profeti». Infatti i due discepoli sono commossi dal discorso dello straniero. È più che una luce fredda, quella che brilla davanti a loro; è come una fiamma che li penetra. «Il nostro cuore, diranno ben presto, non era forse ardente dentro di noi, quando ci spiegava le Scritture?».

(A. VALENSIN e G. HUBY, Commento al Vangelo secondo San Luca, Roma, 1956, Studium, p. 477)

           

Il testo presenta il Risorto in persona come l’esegeta dell’evento-Cristo.  Egli apre l’intelligenza delle Scritture ai suoi discepoli e si trova dunque all’origine della riflessione cristiana sulle Scritture stesse. L’evangelista non ha in mente alcuni testi particolari, ma la Bibbia nel suo insieme: una lettura specificamente cristiana della Scrittura vista come praeparatio evangelica. La Scrittura nel suo in­sieme si fa profezia dell’evento-Cristo posto al centro della storia della salvezza. Egli, in particolare nella sua morte-risurrezione, ha portato a compimento la lunga speranza del popolo di Dio. Verso di lui convergono dunque tutte le Scritture. D’altra parte, Gesù risorto stesso si trova all’origine dell’inter­pretazione cristologica della Bibbia; ai discepoli di Emmaus, poi agli Undici radunati, egli dà una lezione di esegesi cristiana. In al­tri termini, la lettura cristiana della Bibbia e la predicazione della Chiesa trovano in Cristo risorto la garanzia della loro autenticità. Lo Spirito Santo continua e attualizza nella Chiesa di tutti i tempi il lavoro di ermeneuta delle Scritture e del proprio ministero che il Risorto ha fatto per i suoi testimoni all’origine della Chiesa.

(G. ROSSÈ, Vangelo secondo Luca, Roma, 2003, Città Nuova, p.265)

           

Resta con noi, perché si fa sera! Venne la sera durante quel viaggio affascinante e misterioso. Viene la sera nel nostro tempo frammentato e disperso: le incertezze, le paure, l’instabilità, la fragilità che caratterizzano la vita di ogni giorno ci spingono a dire “Resta con noi, non abbandonarci, perché oramai è sera!”. Sì, le persone che vivono con noi e intorno a noi hanno nel cuore la nostalgia della relazione con Gesù, ma spesso non la riconoscono come tale. Potrebbe anche darsi il caso che la nostra testimonianza non sia sufficientemente gioiosa per consentire loro di fare il passo decisivo di entrare in relazione con la comunità, scegliendo di superare le barriere ideologiche e cercando una via che disseti il loro bisogno. E il testo lucano ci incoraggia:

L’effetto prodotto da questa apparizione è tanto improvviso che profondo. I discepoli sono interiormen­te trasformati. Ritrovano la speranza. Riprendono la strada per Gerusalemme. Si affrettano. La notte è ca­duta quando arrivano alla Città Santa ed entrano nella casa dove si trovano gli Apostoli riuniti in com­pagnia di altri discepoli. Raccontano quello che era accaduto loro per via e come hanno riconosciuto Gesù dalla frazione del pane. Ma già un grido li ha accolti: «Il Signore è realmente risorto ed è apparso a Simone».

(A. VALENSIN e G. HUBY, Commento al Vangelo secondo San Luca, Roma, 1956, Studium, p. 479)

           

Quando fu a tavola con loro… Come quei due si misero a tavola con Gesù, così anche noi dovremo trovare modi e strumenti per condividere la vita con gli “altri”, quelli “esterni” alla vita comunitaria: sono tanti, sono diffidenti… ma hanno il desiderio di avvicinarsi e gradirebbero essere cercati. Il tempo dell’ascolto sinodale lo ha detto con chiarezza; sta a noi ora operare le scelte concrete per permettere che il sogno possa realizzarsi. Mettiamoci in un atteggiamento di disponibilità e di servizio e questo vuol dire che entriamo in una dimensione di ministerialità e di corresponsabilità: tutti siamo chiamati a sentirci partecipi del compito di evangelizzare e di testimoniare l’amore fraterno. Siamo nel tema del quarto ambito di discernimento!

Dovremo compiere anche noi il viaggio di Emmaus: come Cleopa ed il suo compagno furono trasformati e resi felici dall’incontro con il Maestro, “scoperto” nell’esperienza della memoria del gesto eucaristico e riconosciuto nell’ardore del cuore che accompagna il “percorrere le Scritture sante”… così anche noi possiamo e dobbiamo sentirci Chiesa che si interroga e si confronta a partire dalla Parola divina. Sarà proprio questa Parola a guidarci nel necessario dialogo sui cambiamenti da operare per “stare dentro la storia del tempo che viviamo” con strumenti e modalità adeguati. Infatti, siamo chiamati anche ad interrogarci sui cambiamenti necessari delle strutture materiali e pastorali che alimentano e sostengono le nostre comunità: il tema del quinto ambito di discernimento del cammino sinodale.

Nell’ultimo versetto (v. 35) l’evangelista dice che i due disce­poli raccontano agli Undici la loro esperienza, e la sintetizza in questo modo: raccontano ciò che è accaduto per la via, cioè la spiegazione delle Scritture ad opera dello sconosciuto compagno di viaggio; raccontano di aver riconosciuto il Risorto nella «frazio­ne del pane». Per la comunità cristiana, la Scrittura e l’Eucaristia sono il luogo d’incontro con Gesù risorto. Termina così - e inizia - la storia dei due discepoli in viaggio verso Emmaus: un itinerario che li ha portati dall’incomprensione e dallo scoraggiamento al riconoscimento e alla speranza. Lungo la strada essi sono stati preparati all’incontro di fede con una lezione di esegesi sulle Scritture, ma soltanto dopo aver riconosciuto il Signore, i discepoli sono in grado di parlare della trasformazione interiore dovuta alla spiegazione delle Scritture.

(G. ROSSÈ, Vangelo secondo Luca, Roma, 2003, Città Nuova, pp.266-267)

 

Iniziamo, pertanto, un anno che sarà ricco di esperienze e di “sorprese”: le sorprese dell’Amore di Dio (Cfr. Colletta della XXVIII domenica t.o.). In questo percorso, impegnativo e gioioso al tempo stesso, saremo accompagnati dalla nostra Madre dolcissima, da Maria SS.ma che custodisce noi suoi figli, donandoci la fiducia nell’Amore del Signore e incoraggiandoci alla perseveranza nell’osservanza della Parola salvifica. Per la Diocesi portuense questo anno, poi, sarà un anno di particolare Grazia per la celebrazione dell’anno giubilare mariano che inizia l’8 dicembre 2023 con la solenne Eucarestia in Cattedrale.

A Maria, Madre della Chiesa e Regina della Pace, affido la vita delle nostre comunità, mentre vi benedico tutti con grande affetto.

 

don Gianrico, Vescovo

18 ottobre 2023

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