«Siamo inviati a fasciare i cuori feriti»

Nella Messa Crismale a La Storta il vescovo Gianrico Ruzza ha benedetto gli oli per i sacramenti

«Siamo «Siamo inviati». Per il vescovo Gianrico Ruzza il servizio del sacerdote ha consistenza nell’adesione alla missione, ciò a cui egli è stato chiamato ad essere quando ha risposto alla sua vocazione decidendo di lasciare tutto per unirsi intimamente a Cristo. Il pastore lo ha ricordato a sé stesso e ai presbiteri di Porto-Santa Rufina riuniti assieme al «Popolo Santo di Dio» nella Messa Crismale di Mercoledì Santo, 5 aprile, celebrata nella Cattedrale dei Sacri Cuori di Gesù e Maria a La Storta.

Liturgia densa di gesti antichi nei quali i cristiani rivivono la comunione della Chiesa – tra vescovo, sacerdoti e fedeli laici – e l’incontro tra cielo e terra, attraverso gli oli per i sacramenti benedetti dal vescovo: il Crisma, l’olio dei catecumeni e l’olio per l’unzione degli infermi. Il discepolo di Gesù riceve l’unzione nei momenti principali della sua vita. In preparazione al Battesimo con l’olio dei catecumeni; nel Battesimo e nella consacrazione degli ordini sacri con l’olio del Crisma e a sostegno del corpo e dell’anima quando si sperimenta la fragilità con l’olio per l’unzione degli infermi.

Unti dal Signore e facendo propria la parola di Dio i cristiani vanno per le strade del mondo ad annunciare il messaggio di salvezza del Vangelo. Un’opera incarnata nella quotidianità dei sacerdoti con la responsabilità promessa nel giorno della loro ordinazione, ha ricordato il vescovo.

«Siamo inviati a portare il lieto annunzio ai miseri: meditiamo sulla pregnanza dell’azione evangelizzatrice che ci vede protagonisti. Siamo inviati a fasciare le cuore dei cuori spezzati: meditiamo sul ministero della consolazione che riempie le nostre giornate. Siamo inviati a proclamare la libertà agli schiavi: a cominciare dagli schiavi del peccato e della debolezza, sì, siamo proprio noi che dobbiamo annunciare la vita nuova in Cristo!. Siamo inviati a promulgare l’anno di Grazie del Signore: non si tratta di catechizzare, ma di annunciare l’esperienza gioiosa di Dio che viviamo nella nostra storia e che diviene “tipologica” per coloro che ci ascoltano e che entrano a far parte della comunità».

I sacerdoti non sono lasciati soli ad esercitare il ministero di annuncio della Parola e di celebrazione dell’Eucaristia, per loro pregano i fedeli laici affidati al loro apostolato. Molti di loro hanno accompagnato con la loro presenza orante e con il canto del coro formato da diverse parrocchie i presbiteri nel rinnovo delle promesse al vescovo diocesano. Devozione e affetto reso visibile dai momenti informali – accade in ogni celebrazione – che hanno preceduto e seguito la funzione religiosa. Sono anche questi i tratti della vita comunitaria. Accoglienza e incontro, sorrisi e mani tese sono infatti le forme della relazione di reciprocità immaginata dal vescovo come «il respiro della gente su di noi».

Stimolo emerso così urgente nell’ascolto sinodale. È un compito «gravoso e gioioso» per il quale degli uomini decidono di rinunciare all’amore umano per offrirsi a ogni persona incontrata nell’amore totalizzante di Dio. «La gioia del nostro sacerdozio sta tutta dentro la capacità di metterci al servizio in modo premuroso del popolo santo di Dio. Non dobbiamo farlo con senso di potere, né con esasperazione del ruolo che ci è stato affidato dalla bontà della Chiesa; dobbiamo, invece, realizzare tale servizio con la generosità di chi sa amare e spendersi senza misura, nella assoluta e responsabile gratuità». Una gratuità colta nel momento forse più toccante della consacrazione degli oli, quello in cui il vescovo alita sul Crisma lo Spirito Santo che ha ricevuto in pienezza nella sua ordinazione episcopale per il bene e la cura della Chiesa che guida.

Simone Ciampanella

(07/04/2023)

 
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