compatrona della Città di Santa Marinella. Festa il 18 giugno
SANTA MARINA COMPATRONA DI SANTA MARINELLA
studio del prof. Livio Spinelli
Secondo il Martirologio Romano Santa Marina si festeggia il 18 giugno, e il 17 luglio si celebra la traslazione delle sue reliquie da Costantinopoli a Venezia.
Il culto di Santa Marina fu introdotto a Santa Marinella intorno all’anno Mille, da una comunità di Monaci Basiliani provenienti dal Libano, che eressero una chiesetta in onore della Santa. Successivamente i monaci si trasferirono nell’Abbazia di San Nilo a Grattaferrata, e ad essi subentrarono i Benedettini, così nel tempo il culto della Santa andò via via affievolendosi. Nel ‘600 il Cardinal Barberini restaurò la chiesetta di Santa Marina intitolandola a San Giuseppe patrono, fino all’anno 2022 quando con decreto di Mons. Gianrico Ruzza Vescovo della Diocesi di Porto-Santa Rufina, Santa Marina è divenuta compatrona di Santa Marinella.
AGIOGRAFIA
Le notizie riguardanti la vita di Santa Marina, sono chiamate “legenda”, quindi si è indotti a ritenere che non si tratti di fatti storici, precisiamo dunque che oggi tale termine ha il significato di “narrazione favolosa”, ma una volta non era così. Nella Chiesa, fin dall’inizio ci fu uno studio scrupoloso per raccogliere le gesta dei santi che poi venivano trascritte perché fossero di esempio a tutti i cristiani. Queste gesta venivano lette durante la messa, specialmente in occasione delle feste dei santi, perciò si chiamavano “legende”, “quia legenda erant – perché dovevano essere lette”.
Secondo l’attuale Sinassario Maronita, Marina era nata a Qlamoun nel Nord del Libano. Suo padre era un pio uomo. Sua madre morì quando Marina era molto piccola. Ciò avrebbe costretto suo padre a rinunciare al mondo e ritirarsi al Monastero di Qannoubine nella Valle Santa; lo accompagnava sua figlia, che lui vestì da maschio. Entrambi padre e figlia entrarono nella vita monastica senza rivelare l’identità della figlia ai monaci. Come monaco lei fu conosciuta col nome di Marino. Nonostante la giovane età, Marino si dedicò alla pratica delle virtù monastiche con massima spiritualità e precisione. Era taciturno e distaccato con capo e occhi chini, facendosi velo del saio celando i tratti del suo viso e dei suoi occhi. Un giorno in missione per il Monastero in una città vicina fu costretto a trascorrere la notte a casa di un amico dei monaci che sia chiamava Paphnotius.
Paphnotius aveva una giovane figlia incappata in adulterio e rimasta incinta. Quando suo padre la scoprì si infuriò e chiese il nome del colpevole. Sua figlia gli disse che il Monaco Marino l’aveva violentata la notte che avevo dormito a casa loro. Suo padre andò subito al Monastero e lo disse al Superiore, che fu sorpreso poiché sapeva che Marino fosse un uomo pio e puro. Il Superiore chiamò Marino e lo sgridò, ma Marino non disse nulla per discolparsi. Di conseguenza il Superiore fu molto perplesso e interpretò il silenzio di Marino come un’ammissione di colpevolezza. Egli allora condannò Marino a svestire l’abito e ad essere cacciato dal Monastero. Marino si rimisi al volere di Dio e rimase sulla porta del Monastero pregando e piangendo, cibandosi degli avanzi dei monaci. Suo padre era morto da molto tempo. Quando la figlia partorì, il nonno portò il bambino al Monastero e lo diede a Marino dicendo: prendi e alleva tuo figlio. Marino prese il bambino e iniziò ad allevarlo con ciò che i monaci usavano dargli, latte di capra e avanzi della loro tavola. Questa situazione durò quattro anni. Marino sopportava la vergogna di questa odiosa accusa senza nessun lamento. Comunque il Superiore mosse a compassione per lui e lo riammise al Monastero sotto severissime condizioni. Marino accettò mentre versava lacrime di pentimento. Marino perseverò nella sua opera ascetica fino all’ora della sua morte quando i segni del suo volto brillavano di luce divina. Egli chiese perdono di tutto e perdonò tutti coloro che avevano peccato contro di lui. Egli poi spirò. Il Superiore allora ordinò che il suo corpo fosse preparato per la sepoltura fuori dal Monastero. Fu un gran momento di stupore quando i monaci scoprirono che Marino era una donna e non un uomo. Il Superiore e i monaci s’inginocchiarono davanti al corpo immacolato, chiedendo perdono a Dio e all’anima della santa divina. Il padre della figlia peccatrice si vergognò e fece le scuse davanti a tutti. La figlia che alla morte della Santa era indemoniata, si avvicinò e quando toccò la salma il demonio fu scacciato, e questo fu il primo miracolo di Santa Marina, la cui santità si diffuse in tutto il Libano, la gente di tutte le regioni veniva al Monastero di Qannoubine per essere benedetti dal suo corpo. La sua tomba divenne una fonte di cure e grazie." (Daher 1996: 189-190)
Historia de Sancta Marina virgine
Jacopo da Varagine – Legenda Aurea
Marina virgo unica erat patri suo. Cum autem pater quoddam monasterium intrasset, mutavit habitum filiae suae, ut non femina, sed masculus videretur. Rogavitque abbatem et fratres, ut filium suum unicum reciperent. Quibus eius precibus annuentibus in monachum est receptus et frater Marinus ab omnibus appellatus. Coepit autem valde religiose vivere et valde oboediens esse. Cum autem esset viginti septem annorum et pater eius se mori appropinquare sentiret, filiam suam vocavit et ipsam in bono proposito confirmans praecepit, ne aliquando alicui revelaret, quod mulier esset. Ibat igitur frequenter cum plaustro et bobus et ligna monasterio deferebat. Consueverat autem hospitari in domo cuiusdam viri, cuius filia, cum de quodam milite concepisset. Interrogata Marinum monachum se violasse asseruit. Interrogatus autem Marinus, cur tantum flagitium perpetrasset, se pecasse fatetur et veniam precatur. Statim de monasterio eiectus ad ostium monasterii mansit et tribus annis ibidem permanens bucella panis sustentabatur.
Postmodum filius ablactatus abbati mittitur et Marino educandus traditur et cum eo ibidem per duos annos commoratur. Omnia autem cum maxima patientia recipiebat et in omnibus gratias Deo.referebat. Tandem eius humilitatis et patientiae fratres miserti eum in monasterium recipiunt et quaeque officia viliora sibi iniungunt. Ipse autem omnia hilariter suscipiebat et cuncta patienter et devote agebat. Tandem in bonis operibus vitam ducens migravit ad Dominum.
Cum autem corpus eius lavarent, et in vili loco sepelire disponerent, respicientes mulierem ipsum esse viderunt. Stupefacti sunt omnes et perterriti, se in Dei famulam plurimam deliquisse fatentur. Currunt omnes ad tam grande spectaculum et veniam postulant ignorantiae et delicti. Corpus igitur eius in ecclesia honorifice posuerunt.
Illa autem, quae famulam Dei infamaverat, a daemone arripitur et scelus suum confitens et ad sepulcrum virginis veniens liberatur. Ad cuius tumulum populi undique confluunt et multa miracula ibi fiunt. Obiit autem XVI calendas Iulii.
La legenda di Santa Marina, con poche mutazioni, più di stile che di sostanza, sta nelle Vitae Patrum ed è d'autore incerto. I Bollandisti la accolsero nei loro Acta santorum to. IV JuIii die decima septima e il dot¬to padre Solerio S.j. vi premise giustissime osservazioni.
La storia di Santa Marina o Marino si trova nelle agiografie delle Chiese Siriaca, Maronita, Copta, Etiope, Greca e Latina. Molte biografie di questa Santa furono scritte in lingua Siriaca, Copta, Araba, Greca, Latina, Etiope, Armena, Tedesca, Francese, e Spagnola. Dal considerevole numero di manoscritti e scritti, possiamo presumere la venerazione e l’onore che questa Santa una volta aveva avuto sia in Oriente che in Occidente nel medioevo.
Molti manoscritti in Latino, Siriaco, e Arabo si trovano fra l’altro alla Bibliothèque Nationale in Francia; alla Bibliothèque Royale di Bruxelles in Belgio; alla British Library di Londra; alla Biblioteca Ambrosiana di Milano; nel Monastero di Santa Caterina nel Sinai; alla Biblioteca Vaticana di Roma; all’Archivio Patriarcale Maronita a Bkerke, Libano; la Bibliothèque des Missionnaires Maronites nota come Kraym, Jounieh, nel Libano; e la Bibliothéque Orientale Di Beirut, Libano. Clugnet fornisce una vasta bibliografia dei manoscritti afferenti Marina e della loro collocazione.
SANTA MARINA MATRONA DEI PATRIARCHI MARONITI
Un punto di riferimento nelle ricerche concernenti Santa Marina è il dossier agiografico realizzato dal francese Léon Clugnet con alcuni suoi collaboratori e pubblicato nel 1905 in un volume intitolato Vie et office de sainte Marine. Textes latins, grecs, coptes, arabes, syriaques, éthiopien, haut-allemand, bas-allemand et français.
Clugnet conclude che fin quando non siano fatte nuove scoperte, l’unica origine di Santa Marina deve essere quella a noi nota secondo la tradizione; e siccome la sola tradizione su questa Santa si trova fra i Maroniti del Libano, allora il Libano deve essere considerato il suo paese di nascita. I Maroniti credono fermamente che Marina sia originaria del Libano e che come monaco lei visse e morì nel Monastero di Qannoubine nella Santa Valle di Qadisha.
La vita Monastica nel sec. V era molto più che una vita cenobitica, cioè una vita ascetica in comune, che non anacoretica, la quale è una vita ascetica solitaria. I monasteri Cenobiti avevano piccole ma separate celle dove i monaci vivevano, ciò rese possibile per Marina celare la propria identità. Col suo nome maschile, i capelli corti e i vestiti, ma soprattutto con la sua vita ascetica, che cambiò la biologia del suo corpo, le fece quindi perdere la maggior parte della sua apparenza e natura fisica femminile, Marina potè andare a vivere al monastero con un identità nascosta fino alla sua morte. Circa il secolo in cui questa Santa visse, Clugnet concorda con F. Nau che dovrebbe esser il sec. V dato che c’erano molti dettagli nella sua leggenda presentata nel Manoscritto Siriaco Nº 30 datato 778 d.C., folio 70r-76v del Monastero di Santa Caterina nel Sinai (Clugnet 1904: 565, 593).
TRASLAZIONE DEL CORPO A VENEZIA
Nel secolo XIV il corpo della Santa si trovava in un suburbio di Costantinopoli haud prope ab urbe, dice il Cangio (in Act. Bolt.) venerato in una chie¬sa di monaci. E’ fama (in Fl. Corner to. 3, pag. 252) ve l'abbia ivi fatto collocare una imperatrice di nome Marina, deducendo questo da una iscrizione greca incisa nella teca d'argento che chiudeva la mano sini¬stra, la quale diceva così: A ricercarla mi spinse devozione, cercandola ti ho trovata secondo il mio desiderio. Checchè sia di ciò, il fatto sta, che avendolo là trovato sul principio del secolo XIII un cotal Gio¬vanni Buora, mercatante, della parochia di S. Liberale, pregò i custodi di quel tempio, non senza indurli con denaro, (pretio et precibus inductis custodibus, dice il Dando¬lo) a lasciare che trasportasse in patria quel corpo. Giovanni ebbe il corpo, se lo mise in nave e salvato da una burrasca giun¬se a Venezia, e d'esso volle impreziosita la sua parochia che al nome titolare S. Li¬berale accoppia presto quello di S. Marina. La santa mostrò presto quanto efficace interceditrice ella fosse appresso Iddio, per¬chè collocatone il corpo sull'altar maggiore, bello d'ornati e ricco di marmi, la folla de' devoti accorrenti, di marinai specialmente e delle loro famiglie ottenevano protezione e salvezza.
PREGHIERE A SANTA MARINA
Gloriosissima Santa Marina,
sublime nelle Vostre virtù,
eroica nel silenzio:
impetrateci dal Signore
la grazia di saper sempre custodire
la nostra lingua.
Gloria.
Gloriosissima Santa Marina,
fiore olezzante dell'Oriente,
che nella solitudine
e nelle asprezze della vita
sapeste conservare l'angelica virtù:
otteneteci dal Signore la grazia
di vivere sempre nella santa castità.
Gloria.
Gloriosissima Santa Marina,
che nel mirabile,
completo abbandono in Dio,
nella letizia del patire per lo Sposo celeste,
sosteneste la più atroce delle calunnie:
insegnateci la via di tanta perfezione,
nella dedizione la più perfetta
ai divini voleri.
Gloria.
Gloriosissima Santa Marina,
ardente nel cuore di carità verso il prossimo,
che sapeste con tanta generosità perdonare:
fate che noi pure con ampiezza di cuore
perdoniamo ed amiamo i nostri nemici.
Gloria.
Gloriosissima Santa Marina,
dal Cielo dove con Dio,
premio e corona dei Santi,
ora vivete e regnate:
avvenga, per la Vostra intercessione,
che possiamo così vivere sulla terra,
da meritare un giorno
di essere coronati nei Cieli.
Gloria.
V. Ora pro nobis, beata Marina.
R. Ut digni efliciamur promíssionibus Christi.
OREMUS
Concede, quaesumus Domine: ut suffragantibus
meritis beatae Marinae Virginis,
cujus Translationis memoriam colimus,
ab omnibus liberemur angustiis.
Per Christum Dominum nostrum.
R. – Amen
Venetiis, die 11 julii 1933 –
Vidimus et adprobavimus
+Joannes Ep. Beriss. Vic. Gen.
L’UFFIZIO DI SANTA MARINA E L’ODE
del Patriarca YOUSSEF AL-‘AKOURY
Un Uffizio Maronita di Santa Marina in Siriaco fu per la prima volta stampato da Padre Louis Cheikho. Secondo Mouawad, Cheikho non diede informazioni sulla data né la provenienza dell’Uffizio. Mouawad afferma che, basato sul colofone, il manoscritto fu copiato da Padre Boutros Makhlouf of Ghosta nel c. 1720. L’autore originale è sconosciuto ma qualcuno attribuisce al Patriarca Youssef Estphan (1766-1793) ed altro al Patriarca Estephan Douwayhi (1670-1704). (Mouawad 1998: 297) L. Clugnet pubblicò il manoscritto nel suo libro Vie et Office de Sainte Marine in 1905. L’Uffizio include una versione della passione di Marina così come altri interessanti particolari. (Mouawad 1998: 297) Il Patriarca Youssef Al-‘Akoury (1644-1648) compose un’ode per la Santa nel 1641 quando era ancora Vescovo. Egli scrisse la sua ode nell’arabo parlato in Libano. L’ode è di 139 strofe, 2 stanze. Il Vescovo si identifica e data l’ode nelle ultime dodici strofe (Clugnet 1904: 595-608). Clugnet pubblicò il manoscritto nel 1904.
Di seguito gli estratti dall’Uffizio Maronita di Marina:
Prima dell’Epistola
Marina è estremamente rattristata
Di vedere i suoi fratelli e il superiore del convento
Tormentati e dolorosamente sofferenti a causa di lei.
La vergine pregò per loro
E per i suoi calunniatori.
Con la sua perfetta pazienza
Lei salvò la sua anima con le loro.
Dopo il Vangelo
Tu hai superato le donne con le tue battaglie
O tu eccellente nella tua pazienza e nel tuo amore,
Umiliato è chi ti ha calunniato
E grandemente stimata è la tua dignità.
Prima del Bacio della Pace
Ti hanno giudicato tirannicamente,
Senza testimoni e processo
Fuori del Monastero tu vivesti in pazienza,
Carica di sofferenza per cinque anni.
Prima della piccola Elevazione
O Monte Libano, la tua gloria è stata esaltata;
O Monastero di Qannoubine, la tua gioia è aumentata
Perchè Marina, l’orgoglio dei tuoi monaci
In questo monastero ha aumentato la tua fama.
(Nau 1901: 289-290)
ODE A SANTA MARINA IL MONACO
Ode in onore della Santa scritta in Garshuni (Arabo scritto in caratteri Siriaci). L’ode in Garshuni a Santa Marina viene qui pubblicata in italiano per la prima volta. E’ un manoscritto scoperto di recente, trovato nell’estate del 1999 sfogliando una Bibbia scritta in Garshuni prima di andare a dormire, un foglietto, piegato in due, nascosto tra le spesse pagine del libro.
IL MANOSCRITTO
Questa ode in omaggio a Marina dà un breve resoconto della sua vita. L’ode è in corsivo, essendo stata scritta con inchiostro di china nero e rosso usando una penna d’oca e un calamaio. L’ode è scritta in calligrafia Estrangelo Syriaca. E’ scritta su un doppio foglio di carta ruvida color tela greggio di 11 cm di larghezza e 17 cm di lunghezza. Ogni pagina ha 19 linee sulle quali il poeta ha scritto la sua composizione. La calligrafia è superba. Il manoscritto è in una ottima condizione e non è stato alterato.
La prima pagina inizia col titolo dell’ode scritto con inchiostro rosso dice: “Ode per Saanta Marina la Donna Monaco di Qannoubin.” Dopo il titolo seguono 18 linee di versi scritti con inchiostro nero e punteggiatura rossa. L’ultimo verso su questa pagina è “Essi non sapevano affatto che lei fosse una vergine”. La prima pagina termina con la prima parola della seconda pagina, secondo la tradizione dello scrivere siriaco; tuttavia la parola è scritta in arabo invece che in Garshuni.
La seconda pagina è vuota. La terza pagina contiene i versi successivi ed è numerata in arabo. Similmente, il poeta usò le 19 linee della pagina per scrivere la sua poesia ma non incluse la prima parola della quarta pagina al termine dei versi. L’ultima frase su questa pagina dice: “Ed era un esempio vivente per coloro che cercavano di imbarcarsi …”
LA quarta ed ultima pagina ha solo tre versi e termina con le parole: “Intercedi per noi con le migliori intercessioni al nostro Salvatore nel giorno della nostra morte, e nell’ora del Giorno del Giudizio.” Il poeta chiude l’ode offrendola a Santa Marina, dicendo: “Noi ti offriamo questo in gloria”.
Sebbene l’ode sia scritta in prosa, in realtà è un poema di 10 strofe. Ogni strofa è composta di due versi e termina con due successivi periodi in nero e due punti rossi sovrapposti. Ogni verso è scritto in due emistichi. Ciascuno dei quattro emistichi hanno la stessa rima. Ogni emistichio termina con due periodi, uno in inchiostro nero uno in rosso. Ciascun verso termina con tre periodi sovrapposti, uno in nero al centro e due in rosso, sopra e sotto.
La lingua del poema è in gran parte arabo letterario misto ad un certo arabo libanese colloquiale. Il poeta sopprime le vocali accentate per mantenere la rima e le misure del verso proprio come accade nei poemi in vernaco in tutte le nazioni.
Il manoscritto potrebbe essere datato in un periodo tra il 1800 e i primi del 1900 perchè il Garshuni non fu più usato dopo tale data nel Monastero di Qannoubin – dove il manoscritto fu trovato – esso fu abbandonato dopo la nuova costruzione della residenza estiva Patriarcale di Nostra Signora di Diman nel 1823.
LA TRADUZIONE DEL MANOSCRITTO
Ode a Santa Marina, il Monaco Donna di Qannoubin
1. La vita dell’uomo con la pazienza s’ottience la Bibbia dice.
E a ognuno che è paziente fino alla fine è data la corona.
Così vediamo in Santa Marina una prova.
Ella ha ottenuto la gloria della gioia tramite la grazia-piena di pazienza *
2. Ella vide il mondo come un mare ondeggiante di punizione,
Con i marinai nel naufragio, vinti dalle cattive conseguenze
E che la vita monastica [iii]è il porto sicuro e il raggiungimento delle speranze.
Il suo spirito fu affascinato dalla vita da eremite per placare la mente*
3. Non trovando un convento per donne per vivere in castità nel suo monastero,
Ella si vestì da uomo e si unì ai monaci.
Nessuno sapeva che fosse una donna.
Tranne suo padre che l’a accolse nel monastero dove viveva*
4. Egli la guidava sulla via della perfezione giorno e notte,
Finchè ella divenne un fulgido esempio tra i giusti.
Le preghiere divennero le compagne del suo cuore così ella superò
la qualità delle elite
Ella praticava il digiuno e nascondeva la sua astinenza*
5. Gente degna dell’inferno le mettevano contro la gente per
la sua immoralità,
Chi con maldicenze sulla sua purezza e
a la dilapidazione della purezza.
Coloro non sapevano affatto che lei era vergine.
Essi sapevano che avrebbero scoperto una luce di candela sul faro *[iv]
6. Essi le portarono un bambino facendole pesare che esso
fosse figlio della colpa.
Ella resisteva a queste accuse con la pazienza di Giuseppe Giacobbe
[Giobbe].
Ella si rimetteva al Giudice dei Cuori e a Colui
Che Vede l’Invisibile.
Lei non rivelò ciò che l’avrebbe scagionata dalla colpevolezza*
7. Ella allevò il bambino per due anni con la più nobile pazienza,
Nel frattempo era oggetto di rimproveri e scherno.
Ma il Compassionevole volle alleviare questa vergogna e
sconfiggere queste falsità.
Egli la chiamò a se e con la sua morte ci fu la prova della sua innocenza*
8. I monaci furono sbalorditi quando seppero che era una donna.
Essi piansero dal dispiacere, essi erano sorpresi, ed erano
sconcertati [ma] con orgoglio.
Poichè lei, che essi pensavano fosse sicuramente un uomo,
Si dimostrò essere una vergine paziente per avere la ricompensa*
9. Ella si nascose e accettò gli insulti più gravi.
Ella praticò gli insegnamenti di Cristo con incredibile pazienza.
Sii paziente e sari salvato, porta la Mia croce è molto
leggera.
Benedetti sarete voi se vi offenderanno con brutte parole*
10. Tu mite [Marina], tu fulgido esempio di umiltà.
E tu fosti un esempio vivente per coloro che cercano d’imboccare
la via dell’appagamento.
Intercedi, con la migliore delle intercessioni,per noi col nostro Salvatore
nel giorno della nostra morte,
E durante ogni ora del Giorno del Giudizio*
Noi ti offrimo questo in gloria.
LIBANO – Valle Santa Qadisha
La grotta di Santa Marina al Monastero di Nostra Signora di Qannoubin
Fino al 1823 il Monastero di Qannoubin era la Sede del Patriarca Maronita fin quando un nuovo monastero fu costruito a Diman per servire come residenza per tutto l’anno del Vescovo di Bcharre e residenza estiva del Patriarca Maronita. Il monastero così come la devozione di Santa Marina hanno entrambi sofferto dello spostamento della Sede da un’altra parte, prima a Diman e poi a Bkerke.
Si crede che la santa fu sepolta nella grotta vicino al monastero nel sec. VIII. (Goudard 1908: 311). Secondo il Cavalier D'Arvieux, che visitò la grotta nel 1660, "la grotta fu trasformata in una cappella che fu allargata ed abbellita quel tanto che il luogo e la povertà di questi religiosi lo consentisse." (Moubarac 1984: 852) ; successivamente De La Roque in occasione della sua visita a Qannoubin ai primi del sec. XVIII, così descrisse la grotta: "E’ a solo 100 metri da Qannoubin che vediamo la Grotta di Santa Marina Vergine. E’ stata creata dalla natura in una sola grande roccia che noi raggiungemmo agevolmente. In passato si sarebbe entrati da una apertura naturale nella roccia; ma ora c’è un muro è una porticina che rimane chiusa perchè la Liturgia o la Messa è celebrata quotidianamente e gli arredi dell’altare vengono lasciati lì. La Grotta 5 metri, larga circa 2,5 metri, e l’altezza all’altare è circa quella di un uomo di alta statura. Dietro l’altare, l’altezza declina. La devozione dei Maroniti a questo luogo è così grande che i loro Patriarchi hanno scelto il terreno di fronte ad essa per i loro sepolcri." (De La Roque 1722: 59-60)
Il monastero ora è dell’Ordine delle suore Antonine che vi risiedono da giugno a metà settembre.
Il mausoleo conserva i resti di quindici su ventiquattro Patriarchi Maroniti che “servirono” quando Qannoubin era Sede del Patriarcato Maronita dal 1440. Oggi la grotta è un santuario e la gente della Valle Santa viene qui in pellegrinaggio il 17 luglio quando si celebra una Messa per riguardo a questa santa una volta famosa.
La storia di Marina è l’unico riferimento che ci è noto delle donne monastiche Maronite nel primo Millennio. La passione di Santa Marina è ricca di virtù e lezioni Cristiane. Marina è una asceta perfetta; lei è obbediente, piena di preghiere, umile, austera, e che perdona. Ella è un monaco modello. Ella viene descritta come una persona forte che persevera sotto difficili circostanza fisiche ed emotive per seguire la vita che aveva scelto. Ella resta in silenzio sia di fronte al crudele giudizio della gente che alle dure condizioni di vita ascetica. In vita, ella fu un martirio vivente; da morta, ella fu una santa! Sebbene ella sia ancora elencata nel sinassiario Maronita con il giorno della sua festa che si celebra il 17 luglio, ultimamente Marina è stata messa in ombra tra i santi Maroniti e d’Occidente. Ciò nonostante Marina continua a vivere nella coscienza del popolo Maronita come una donna che --ingiustamente accusata e giudicata – fu fedele ai suoi voti monastici, e pregò per i suoi accusatori e li perdonò. Santa Marina è la matrona dei Patriarchi Maroniti ed è la tradizionale benefattrice delle madri che allattano.
SANTI FOLLI GIULLARI DI DIO
Santa Marina come San Francesco e San Basilio rientra tra quei santi “folli” cosiddetti “stolti in Cristo”, “Giullari di Dio”.
MISOGINIA e Travestimento
La misoginia e la repressione dei primi secoli del cristianesimo hanno prodotto un’ondata di sante-maschio: Marina di Siriam Perpetua, Tecla, Eufrosine di Costantinopoli, Eugenia, tanto per citarne solo alcune. Donne che si travestivano da monaci per poter studiare, o da eremiti per vivere nella solitudine senza sposarsi, o da pellegrini per potersi muovere liberamente.
Del resto i Vangeli gnostici contenevano l’istigazione di Gesù: “Ogni femmina che si fa maschio entrerà nel Regno dei cieli” (Tommaso, 144, “Vangeli gnostici”, Adelphi 1984).
E i padri della chiesa, come San Gennario nel IV secolo, affermavano: “Se una donna vuole servire il Cristo e tralasciare il mondo materiale, dovrà smettere di essere una donna. Allora sarà considerata come un uomo”.
Cosi’ la patristica risolveva il problema (da essa stessa creato) dell’”inferiorità spirituale” delle donne, e molte approfittavano della scappatoia teologica per conciliare nella propria coscienza le esigenze sacre con quelle profane, cioè per godere di un minimo di libertà individuale.
Sulla stessa linea, la mistica fiorentina Domenica Narducci da Paradiso nel 1489 veste gli abiti maschili e si rifugia in una foresta, come la contemporanea eremita Caterina di Cardona, ex nobildonna spagnola.
Nemmeno si gridi alla inverosimiglianza della legenda di Santa Marina, se accolta fra monaci si veda una femmina, dicendo ciò strettamente proibito dai canoni; perché quel di Marina non è caso isolato e i Bollandisti registrano una Appollinare Sincretica monaco col nome di Doroteo, e una Eufrosina e una Reparata, senza dire di quella famosa Anna che sotto la veste del Calogero e il nome di Eufimiano, rese celeberrimo per le sue virtù e per i suoi miracoli il monastero degli Abramiti "alla fonte", non molto lontano dalla porta dorata di Costantinopoli. I canoni, è vero, proibivano tali intrusioni, ma che c'é a ridire se queste anime a far ciò erano spinte da una speciale mozione di Spirito Santo? Del resto, qualunque inverosimiglianza è tolta qualora si pensi com'erano conformate le Laure o gli asceteri deserti dell'oriente. I monaci vivevano l'un l'altro separati o in grotte o in casupole a parte; non si trovavano riuniti se non alla preghiera e ai santi uffici, dove la compostezza della persona, la silenziosità del luogo, la serietà delle sacre operazioni toglievano ogni via ad accostevoli rapporti. Erano come dice S. Girolamo, monaci nella stretta accessione della parola, cioè soli, cioè solitari. Che meraviglia dunque se inosservata nel sesso suo passò Marina in mezzo a quei monaci, tra i quali l'aveva condotta il padre suo? Nella credenza appunto fosse monaco, potè esserle attribuito quel peccato; in tale credenza poté Marina dare quell'alto esempio di generosa sostituzione suggeritole dalla sua ardente carità. Così la legenda, ch'é storia, assume bellezza grandiosa e se l'atto suo della simulazione di sesso non è imitabile, è però imitabilissimo il sacrificio fatto di sé per scontare il peccato altrui.