Nella nuova chiesa di Valle Santa

Il vescovo Ruzza ha dedicato il tempio ai Santi Mario, Marta e figli nella periferia di Roma

LA DEDICAZIONE

«Dio apre le sue porte a tutti noi, apre il suo cuore a noi, ci aspetta per ascoltarci e per celebrare con noi il suo amore misericordioso». Devono ancora arrivare gli ultimi fedeli del lungo corteo quando il parroco don Lorenzo Gallizioli saluta i convenuti per la dedicazione della nuova chiesa dei Santi Mario, Marta e figli avvenuta il 2 giugno a Valle Santa, nella periferia di Roma. Davanti al portone l’economo diocesano Egildo Spada presenta l’opera al vescovo Ruzza e ai presenti tra cui monsignor Fortunato Frezza, che ad agosto sarà creato cardinale, e monsignor Americo Ciani. Tra le autorità presenti Myla Grace Ragenia Catalbas Macahilig, ambasciatrice delle Filippine presso la Santa Sede, i presidenti del Municipio XIII e XIV, Sabrina Giuseppetti e Marco Della Porta, e Antonio Stampete, consigliere capitolino del territorio.

Spada ha ringraziato il vescovo per il supporto durante la costruzione e l’emerito Gino Reali che ha iniziato la realizzazione del complesso parrocchiale. Un’opera costata 4,5 milioni di euro sostenuti dai fondi 8xmille della Chiesa cattolica, dalla diocesi e dalla parrocchia di Santa Maria di Loreto, ha spiegato l’economo che ha ringraziato tutte le persone impegnate nella realizzazione a partire dal direttore dell’ufficio tecnico della diocesi, il geometra Gianluigi Saddi.

Il rito inizia. Il vescovo riceve le chiavi dal costruttore Donato Verrelli, con il pastorale bussa sul portone, le ante si aprono e dischiudono il nuovo tempio. Molti avevano sbirciato nei giorni precedenti ma la potenza della liturgia convoca gli occhi in una visione nuova dello spazio sacro a navata unica progettato da Andrea Gastaldo. I fedeli entrano, la direzione è quella del luogo del martirio della famiglia di Mario, dove il nuovo tempio punta. Come una finestra aperta su quel passato l’affresco di Elvio Marchionni nel presbiterio realizzato su antichi intonaci connette i martiri alla comunità che oggi li venera.

Quattro testimoni che «hanno dato la vita per Cristo, che hanno scelto di seguire il Vangelo rispetto alla conformità del pensiero corrente» ha detto il vescovo nell’omelia: «Gente di Valle Santa, quale chiamata ricevi oggi dal Signore tuo Dio?» Il “tu” a cui rivolge la domanda il vescovo è quello di un corpo unico che cammina assieme come «quella comunità che si raduna a Gerusalemme quando gli apostoli e i primi cristiani erano assidui nell’ascoltare la parola del Signore, nella preghiera, nello spezzare il pane e mettevano ogni cosa in comune»

È la presenza di Gesù che viene ad abitare nel nuovo tempio a sostenere il popolo di Dio nel rispondere alla sua vocazione. Ce lo insegna l’incontro tra Gesù e Zaccheo nel Vangelo di Luca, letto nella liturgia dal diacono Filippo Pellini della Fraternità di San Carlo Borromeo i cui seminaristi hanno assicurato il servizio liturgico sotto la guida di don Giuseppe Colaci, direttore dell’Ufficio liturgico. «Lasciamo che il Signore venga qui in questa casa a spiegarci le scritture parlando della salvezza che è donata a noi perché è stato detto oggi la salvezza è entrata in questa casa», continua il pastore.

La scelta libera e convinta di Zaccheo esprime la chiamata di ogni cristiano e della comunità, quella di un cuore solo che arde come per i discepoli di Emmaus che riconoscono chi li ha fatti uscire dalle tenebre per essere chiamati alla luce vera. «Popolo di Valle Santa gioisci ed esulta, rendi lode a Dio, divieni missionario, sii missionario di amore, di pace e di speranza per costruire relazioni di amore, di fraternità, per essere un segno di umanità, per diventare strumento di umanizzazione e di riconciliazione in questa tua casa», aggiunge il pastore. La parola che nutre. Il pane che nutre.

Dalla liturgia della parola a quella eucaristica. Un nesso segnato dalle onde di luce scolpite sull’ambone e sull’altare progettati assieme alla sede dall’architetto Maria Lucia, (collaboratrice del direttore dei lavori l’architetto Alessandro Duma) e realizzati da Riccardo Civitella. Il percorso della dedicazione segue con la consacrazione dell’altare dove il sacrificio perfetto, compiuto una volta per sempre dall’agnello di Dio, si ripete quando celebriamo l’eucarestia. Il vescovo depone nell’altare le reliquie dei santi Giustino Martire, Giovanni Paolo II papa, Giovanni XXIII papa, Beata Maria Crocifissa Curcio Vergine.

Unge la mensa con il crisma e pone l’incenso su un braciere. Sale il fumo che onora l’altare, attraversa l’affresco e avvolge il crocifisso bronzeo di Erika Lavosi con il volto di Cristo rivolto al cielo prima di morire per rendere la tensione di Gesù verso l’infinito. Vengono accese le luci della chiesa e il coro della parrocchia che ha coinvolto tutta l’assemblea con la sua forza intona «Il Signore è la luce che vince la morte». Sono i bambini i primi a stupirsi del rito inusuale della dedicazione, e con loro i genitori e i nonni che hanno dato forma di comunità a questa campagna oggi periferia in espansione. Molti di loro sono volontari della parrocchia, hanno dato tutto per questo giorno assieme al Comitato Valle Santa, alla Guardia Rurale Ausiliaria Nogra Roma, alla Misericordia, alla Protezione civile e alle forze dell’ordine.

Una festa storica per il quartiere al quale il vescovo indica la via della gioia: «Radunati per amare e per essere amato. Impara qui ad obbedire alla parola e qui stupisciti per colui che ha versato il suo sangue per amarti. Ama come lui ci ama. Consacrati nello Spirito Santo alla verità che è Gesù il Signore della storia»

 

PERSONE COINVOLTE NELL'OPERA

Persone impegnate nella costruzione della chiesa di Valle Santa: l’architetto Andrea Gastaldo (progettazione architettonica), l’ingegnere Arcangelo Eusebi (progettazione strutturale), l’ingegnere Massimo Bellini (indagini sottosuolo), l’architetto Alessandro Duma (direttore lavori e sicurezza) aiutato dall’architetto Maria Lucia che ha progettato i poli liturgici, l’ingegnere Sergio Bettollini (collaudatore strutture), l’impresa Verredil Srl con Donato, Emanuele e Matteo Verrelli, l’archeologa Pamela Giannini incaricata dalla diocesi, Elvio Marchionni, (affresco), Erika Lavosi (crocifisso), la Nuova Ciset sas di Maurizio Moscatelli (impianto fotovoltaico), Genuflex Srl (banchi), l’ingegnere Andrea Mundula della Tecno Easy SrLs (impianto audio), Civitella Creazioni Marmi di Riccardo Civitella (poli liturgici).

 

ANTICHI TESTIMONI

In Le ecclesiae paleocristiane dei martiri della diocesi suburbicaria di Silva Candida, l’archeologa Pamela Giannini racconta che nel territorio dell’antica diocesi di Silva Candida, oggi appartenente alla diocesi di Porto- Santa Rufina, tra la fine del III e gli inizi del IV secolo d.C., nove cristiani della Chiesa delle origini testimoniarono, con il martirio, la fede in Cristo: Rufina e Seconda, Mario, Marta, Audiface ed Abaco, Marcellino e Pietro, e infine Basilide. A seguito dell’uccisione di duecentosessanta cristiani da parte dei romani sulla via Salaria, Mario, Marta e i loro figli, originari della persia, aiutarono il prete Giovanni a seppellirne i corpi. Dopo alterne vicende l’imperatore Claudio li fece arrestare e li interrogò. Irritato dalla loro professione di fede, ordinò al vicario Muziano di infliggere loro tormenti, se non avessero sacrificato agli dei. Gli uomini furono frustati a sangue, mentre

Marta doveva essere presente ai colpi inferti. Furono poi sospesi agli aculei e scottati con verghe di ferro infuocate, ma rimasero fedeli a Cristo. Agli uomini furono tagliate le mani e poi arrivò la sentenza di morte per il taglio della testa. La famiglia fu condotta al XIII miglio della via Cornelia, presso la località ad Ninfa Catabassi. Lì gli uomini furono uccisi con la scure e i loro corpi bruciati, mentre Marta fu gettata nell’acqua e annegata. A quel tempo, il fondo apparteneva ad una villa rustica di proprietà della matrona romana Felicita, la quale li prese e li seppellì in quello stesso luogo denominato Buxus

Simone Ciampanella

 

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