A Ceri la famiglia diocesana si è riunita l’11 settembre per il pellegrinaggio al Santuario della Madre della Misericordia, fissato nel primo sabato successivo alla festa della Natività di Maria. Comunità parrocchiali e confraternite con i loro stendardi si sono ritrovati sotto la rocca per salire al Borgo. Un percorso ridotto rispetto alla consueta partenza dall'edicola mariana distante una ventina di minuti a piedi.
Per il secondo anno le norme anti-Covid 19 hanno infatti richiesto attenzione e responsabilità per svolgere la processione e la celebrazione in sicurezza. La partecipazione, anch'essa ridotta, ha conservato però un'estesa rappresentatività del territorio diocesano, oltre a registrare la presenza di età differenti, segno di una tradizione che si continua a trasmettere. Di fatto, l'affetto all'icona mariana venerato nella chiesa del suggestivo borgo di Cerveteri convoglia la devozione dei fedeli e il loro desiderio di pregare assieme per chiedere alla Vergine la protezione all'inizio dell'anno pastorale.
Al ritmo del rosario il corteo ha raggiunto la piazza dove il vicario generale don Alberto Mazzola ha presieduto la Messa. Il sacerdote ha portato il saluto del vescovo Ruzza impossibilitato a guidare la liturgia, preparata con cura dal parroco don Riccardo Russo e dalla sua comunità dell'Immacolata concezione della Beata Vergine Maria.
Nell’omelia il vicario generale ha sottolineato la fede a cui la parola di Dio letta richiama la vita dei cristiani. La profezia di Isaia sulla sofferenza del servo di Dio, il salmo che ne riporta il canto di dolore e quello della sua speranza di camminare nella «terra dei viventi», la lettera di san Giacomo rivolta a richiamare l'esigenza di una coerenza di vita: fede e opere sono inscindibili. E nel Vangelo di Marco il riconoscimento del centro irradiatore a cui aderire per vivere nella libertà di Dio: Gesù.
«"Chi dite che io sia?" è la domanda davanti a cui tutti noi siamo posti ogni giorno e in ogni momento è la domanda essenziale e noi con la nostra vita siamo la risposta» ha commento don Mazzola. Per il vicario generale in un tempo in cui siamo rapiti dalla comunicazione e dall'esigenza di essere qualcuno o qualcosa Cristo pone le persone davanti a una domanda essenziale e lui vuole una risposta che sia tale «ma che lascia alla libertà di ognuno».
I discepoli che hanno fatto la scelta definitiva rispetto a lui non devono rimanere intristiti e piangersi addosso se a loro volta annunciando la Parola di Dio ricevono una risposta negativa «magari perché chi la dà riconosce la portata di quell'annuncio e si ritrae indietro». D'altra parte, continua il sacerdote l'evangelizzazione non deve ridursi a «marketing della fede». Chi annuncia la fede cristiana ha la pazienza di chi riconosce prima degli altri «la strada stretta del Vangelo, quella del calvario, che porta alla mattina della Pasqua».
Nell’incertezza i discepoli di Gesù possono ricordare quale sia l'atteggiamento da seguire nell'annunciare il Vangelo di Dio: guardare a Maria, sua madre. Nella sua umiltà e nella sua fedeltà al disegno di Dio lei ci mostra la via della vera fede nel Cristo, il figlio di Dio.
S. C.
foto Filippo Lentini
(13/09/2021)