«Oggi celebriamo santa Severa martire e lo facciamo in questo luogo le cui mura sono sature di secoli di storia, delle vicende liete e tristi che hanno segnato le vite di chi ha abitato queste contrade. Lo facciamo come sempre con grata e commossa memoria», con queste parole don Stefano Fumagalli ha salutato i fedeli raccolti nella chiesa del castello di Santa Severa a Santa Marinella nella celebrazione del 5 giugno presieduta dal delegato ad omnia don Alberto Mazzola. Ringraziando il delgato per la sua presenza il parroco di Sant’Angela Merici ha assicurato le preghiere della comunità per l’amministratore apostolico e per il vescovo emerito Gino Reali. Tra i presenti c’erano l'assessore Mauro Folli, rappresentante del sindaco di Tolfa, il deputato Alessandro Battilocchio, il colonnello Mencarini del Centro Esperienza dell’Esercito Italiano.
«Santa Severa non è solo mare» ha detto don Mazzola nell’omelia: «La nostra diocesi è una terra di martiri, lo sono stati i nostri patroni diocesani e tutti gli altri che con loro hanno fondato le antiche Chiese di Selva Candida e di Porto. Visitando la chiesa paleocristiana possiamo dire davvero che questo non è solo un luogo di fascino e di memoria storica ma segna un punto di onore per la comunità locale e diocesana che custodisce la devozione per santa Severa”. Il luogo di culto ricordato dal sacerdote si trova nel piazzale interno della struttura. È stato riportato alla luce durante i lavori di restauro della fortezza grazie all’archeologo Flavio Enei.
Quanto la fede della comunità cristiana antica aveva tramandato alle generazioni ha trovato nel ritrovamento del tempio, datato tra V e VI secolo, una ragione a sostegno dell’antichità di un culto cristiano qui a Santa Severa, nome utilizzato per il luogo prima del 1068. D’altronde la costruzione di una chiesa in una posizione poco sicura come la costa può aver avuto senso nel caso in cui l’edificio fosse stato costruito sul luogo di un martirio, secondo una consuetudine dei primi cristiani. Il primo documento a fissare sulle pagine la storia di Severa si trova in un codice dell’abbazia di Farfa che risale alla seconda metà del IX secolo. Lo documenta la studiosa Franca Gentile, nell’opera collettanea “Santa Severa tra legenda e realtà storica” curata da Enei.
Il racconto riporta la vicenda di Severa, figlia di comes mellenarius Massimo, collocandola nei primi secoli dell’età cristiana. La ragazza assieme alla madre e ai fratelli viene fatta prigioniera a Pyrgi, antico nome della località balneare. Nell’interrogatorio davanti al prefetto Flaviano la giovane cristiana fa breccia nel cuore del suo interlocutore il quale si converte a seguito dell’apparizione di un angelo: l’adesione al cristianesimo ne decreta la morte avvenuta il 29 gennaio. Severa viene uccisa invece il 5 giugno e sepolta assieme alla sua famiglia sulla spiaggia.
«Dobbiamo imparare da Santa Severa a superare la fede pavida» ha commentato don Mazzola dopo aver letto la passione della giovane. Nel rileggere la vita dei santi e la loro testimonianza al Vangelo la comunità cristiana può rispondere alle istanze di «una società secolarizzata come è quella di oggi in cui la trasmissione della fede non è più automatica e le persone fanno fatica ad agganciare la persona decisiva che è Gesù» ha sottolineato il delegato ad omnia che ha invitato a seguire «l’esempio dei martiri per recuperare una fede più coraggiosa che non abbia paura di avere sulle labbra il nome del Signore Gesù, il nostro vero tesoro».
(8/06/2021)