«Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo», le parole di Gesù riportateci dall’evangelista Marco all’inizio della sua predicazione sono state ascoltate nella prima domenica di Quaresima. Parole inaudite mentre Cristo le pronunciava, e poi ripetute nei secoli fino quasi a diventare scontate: il cammino di penitenza e digiuno verso la Pasqua aiuta a ricordarne l’attualità ai fedeli nella propria vita. Ma, ancora oggi, come ieri e domani, quelle parole suonano inaudite a bambini e adulti che scelgono di diventare cristiani.
Una tradizione della diocesi di Porto-Santa Rufina diffusa anche in altre Chiese dedica a loro la prima domenica della Quaresima accogliendoli in Cattedrale per l’iscrizione del nome e la loro elezione a catecumeni da parte del vescovo. Nella prima epoca del cristianesimo le persone che si convertivano alla fede annunciata da Gesù, il Nazareno, erano spesso adulte e accedevano alla comunità dopo un periodo di apprendimento e di esperienza della vita evangelica. Nei secoli successivi la diffusione della religione e la somministrazione del Battesimo nei primissimi anni di vita avevano regolato la pastorale della Chiesa in un approfondimento dell’iniziazione cristiana raggiunta l’età della ragione. La riflessione del Concilio Vaticano II sulle mutate condizioni della società moderna ha spinto i padri conciliari a ridare nuova linfa al percorso del catecumenato in età adulta o comunque quando non si è più piccoli. La celebrazione del 21 febbraio ha raccolto una quindicina di catecumeni. «Il nome che assumete oggi non cancella quello che avete avuto fino ad ora, semmai è un arricchimento della vostra storia. I nomi della nostra tradizione cristiana rimandano a persone, i santi, che prima di voi hanno testimoniato la loro fede nel Signore.
Assumendoli troverete la forza e lo stimolo a camminare nell’insegnamento del Vangelo», nella sua omelia il vescovo Reali ha puntualizzato il significato dell’iscrizione del nome. Dio nomina le sue creature fin dall’origine ed elegge quelli che lo cercano. Eletti non significa migliori degli altri. L’elezione a cui chiama Dio indica la responsabilità nella missione del cristiano: annunciare il Vangelo. Dopo la meditazione del pastore il rito è entrato nel vivo. Don Giuseppe Colaci, parroco della Cattedrale e direttore dell’Ufficio liturgico, che ha concelebrato assieme ad alcuni dei parroci che accompagnavano i catecumeni, ha presentato al vescovo i neofiti assieme alle loro madrine e ai loro padrini.
In questa fase tutte le persone coinvolte nella preparazione dei catecumeni si assumono la responsabilità di confermare al pastore della Chiesa particolare la formazione raggiunta dai catecumeni. In questo momento centrale della maternità della Chiesa per chi le chiede di entrare a far parte della sua famiglia, le madrine e i padrini scelti esercitano pubblicamente il loro ministero, rendendo testimonianza del percorso di preparazione iniziato dai catecumeni nell’ascolto della Parola, nella sua applicazione nella vita, nella comunione e nella preghiera. «Volete essere ammessi ai sacramenti di Cristo, al Battesimo, alla Confermazione e all’Eucaristia?» la domanda del presule. La risposata: «Sì, lo vogliamo» e il pastore: «Dite allora il vostro nome». Uno a uno i catecumeni hanno segnato sul registro i loro nomi, poi il vescovo li ha congedati, parteciperanno alla liturgica eucaristica dopo aver ricevuti i sacramenti nella notte di Pasqua. Sono poi tornati per la benedizione finale ricevendo gli auguri del vescovo «per crescere nella speranza che hanno incontrato in Gesù».
Simone Ciampanella