Quella paternità che viene da lontano

Il Cardinale titolare, ieri e oggi

L’11 aprile 1962, con il motu proprio “Suburbicariis Sedibus” il Papa Giovanni XXIII ha prescritto che i Cardinali titolari delle Sedi Suburbicarie non avessero d’ora in poi incombenze pastorali e che le medesime Diocesi fossero guidate da un Vescovo con tutti i diritti e le facoltà di tutti gli altri Vescovi diocesani. 

Cambiava così la più che millenaria consuetudine per cui le Diocesi intorno all’Urbe – dette, appunto, “suburbicarie” – erano rette da un Vescovo Cardinale, che le governava per mezzo di un proprio Vescovo Ausiliare o suffraganeo. Sono le Diocesi di: Ostia, Velletri, Palestrina, Sabina e Poggio Mirteto, Porto e Santa Rufina, Albano e Frascati, che, rispetto alle altre, sono “più nobili per l’antichità e per la testimonianza dei martiri” come afferma il citato documento pontificio. 

In antico avveniva che i Vescovi delle Diocesi intorno a Roma, essendo i più vicini al Romano Pontefice, esercitassero funzioni liturgiche dentro la Basilica del Laterano, anche sostituendo il Papa, in caso di sua assenza. In questo modo, accanto ai presbyteri romani anche i Vescovi Suburbicari furono considerati “incardinati” nel clero di Roma. Ma il loro ruolo non era solo liturgico, bensì anche di consiglio e di collaborazione nel governo della Chiesa. Papa Giovanni XXIII li definisce i “principali consiglieri ed aiutanti” del Romano Pontefice. 

È proprio per evitare che l’impegno pastorale potesse in qualche modo distrarre i Cardinali Suburbicari, e perché, mediante il governo di un Vescovo proprio, queste Sedi intorno a Roma potessero essere meglio seguite nella loro crescita e nelle necessità pastorali, che Papa Giovanni fece la scelta di liberare i Cardinali Vescovi dall’impegno pastorale attivo.

Ai Cardinali Vescovi è rimasta la conservazione del “titolo”, cioè la denominazione di una delle sedi suburbicarie, nella quale ciascuno, dopo la canonica presa di possesso nella propria Chiesa Cattedrale, può sempre celebrare solenni pontificali ed impartire la benedizione papale con annessa l’indulgenza plenaria. Nella medesima Chiesa Cattedrale il Cardinale titolare, se lo desidera, può chiedere di essere sepolto, ricevendo, per questo, i medesimi onori funebri che il Capitolo Cattedrale riserva al Vescovo Diocesano nella circostanza della morte. 

Papa Giovanni XXIII indica anche il senso profondo del legame sussistente tra il Cardinale titolare e la propria Diocesi quando gli chiede di offrire spesso, nel segno della carità, il Santo Sacrificio della Messa per il bene della propria Diocesi. Si tratta quindi di un legame di paternità spirituale che si esprime nella preghiera personale e in quella liturgica. Una paternità che si fa visibile nelle circostanze di maggior rilievo nel corso dell’anno liturgico e nelle iniziative pastorali che coinvolgono tutta la Diocesi alle quali, come appunto un buon padre, il Cardinale è invitato a partecipare. 

La conduzione della vita ordinaria della Diocesi, che incombe al Vescovo Diocesano, beneficia della preghiera e del sostegno del Cardinale titolare, che è costantemente informato dell’andamento della vita pastorale della sua Chiesa e vi partecipa offrendo, come un fratello maggiore, il proprio consiglio. Essendo, infine, il Cardinale Suburbicario tra i più stretti collaboratori del Romano Pontefice, egli, per la Chiesa di cui è titolare, costituisce un legame visibile, perché personale, con il Papa. Dobbiamo essere profondamente grati al Santo Padre perchè, avendo rinnovato la tradizione della presenza del Cardinale titolare, ha rafforzato quel legame particolare, anzi unico, tra la nostra Diocesi e la Sede di Pietro.    (Red. - ro. le.)
 
 
 
 
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