Il rapporto tra scuola e Chiesa è stato al centro del ritiro del clero di martedì scorso al Centro pastorale diocesano. Il vescovo Gino Reali attraverso suor Maria Luisa Mazzarello, direttore dell’Ufficio scuola, ha invitato Michele Manzo a parlare ai sacerdoti sul tema. Lui è consulente giuridico dell’Ufficio scuola del Lazio e ha più volte formato gli insegnanti di religione cattolica diocesani. «In questo aggiornamento – ha spiegato suor Maria Luisa, dopo il saluto del vescovo – parleremo dell’azione di apostolato in un luogo che è laico, per comprendere la relazione corretta tra Chiesa e scuola».
Manzo ha sviluppato il tema contestualizzando l’ambito in cui è cominciata la riflessione sul rapporto tra Chiesa e scuola, a partire dei Patti lateranensi del 1929 sottoscritti dal cardinale Pietro Gasparri e da Benito Mussolini, poi recepiti nella Carta costituzionale. Ma, è nella cosiddetta “svolta del 1984”, seguita alla revisione del concordato firmata dal cardinale Agostino Casaroli (tra l’altro titolare di Porto–Santa Rufina dal 1985 al 1998) e Bettino Craxi, a chiarirsi la dimensione culturale della religione cattolica nell’ambito didattico.
Nell’articolo 9 dell’accordo Manzo ha rilevato che «i principi del cattolicesimo sono considerati patrimonio storico culturale del popolo italiano» per questo «nel quadro delle finalità della scuola la religione si configura come una materia tra le altre per la formazione integrale dello studente», comunque nel rispetto della libertà di coscienza, ovvero nella scelta dei genitori e dei ragazzi delle superiori di avvalersi del suo insegnamento. Nella comprensione del ruolo educativo della dimensione religiosa, nello specifico cattolica, l’accordo sancisce la sua estensione ad ogni ordine e grado, formalizzando di fatto la sua valenza per la scuola dell’infanzia e quella primaria, prima non incluse. Il relatore ha poi approfondito la relazione tra catechesi e insegnamento della religione cattolica: «Entrambi condividono la conformità alla dottrina cattolica, ma differiscono nella loro finalità. Il contenuto è uguale, l’obiettivo e diverso: la prima accompagna i fedeli nel maturare la
fede, la seconda contribuisce allo sviluppo culturale della persona, è dunque rivolta a tutti, credenti e non, e fedeli di altre religioni ». E pur vero, chiarisce l’esperto, che hanno metodi complementari: gli insegnanti hanno la libertà di trasmettere i contenuti culturali e i catechisti possono assumere questa formazione come data e dedicarsi a proporre l’esperienza di fede. La Chiesa – conclude Manzo – è al servizio della scuola», in una relazione attenta ai rapporti istituzionali ma basata sulla coltivazione di rapporti personali tra i responsabili della scuola, primo fra tutti il dirigente scolastico, e quelli della comunità ecclesiale, diocesi e parrocchie. Sono possibili rapporti di collaborazione reciproci: doposcuola, volontariato, eventi collettivi. «Anche il semplice saluto del parroco che incontra gli alunni e il personale apre prospettive comuni per il bene dei ragazzi».
Simone Ciampanella
(24/02/2020)