«Mentre essi aspettavano dal Vangelo giustizia e carità, gli altri, gli uomini del potere, ebbero paura di perdere ogni privilegio cogliendo la forza rivoluzionaria dell’insegnamento di un oscuro maestro della periferia orientale dell’Impero». È la storia di fede all’origine di Porto– Santa Rufina. La tratteggia il vescovo Reali durante l’omelia per la festa delle sante Rufina e Seconda, compatrone della diocesi assieme a sant’Ippolito. L'8 luglio la comunità diocesana ha fatto ricordo di queste giovani martiri la cui memoria liturgica cade il 10 luglio nella parrocchia loro dedicata a Casalotti.
Qui nella chiesa di Santa Gemma sono custodite le loro spoglie. Accanto a questo luogo centrale per la tradizione diocesana, i fedeli, assieme al parroco padre Aurelio D’Intino e ad altri sacerdoti, si sono radunati per una processione in cui è stato rievocato il racconto della loro passione. La vicenda, così antica, parla di coraggio e responsabilità, gli stessi atteggiamenti con cui i giovani ancora oggi possono costruire i loro percorsi di vita: «Rufina e Seconda erano – continua il vescovo – due ragazze e non esitarono a giudicare le proposte dei persecutori e fecero la loro scelta, una scelta che impressionò quanti le conoscevano e i loro stessi familiari».
L’impegno dei giovani delle diocesi può trovare nelle due martiri un fondamento alla diffusione della verità e della carità del Vangelo da loro difeso con la vita. Questa convinzione lega la festa diocesana alle esperienze che in estate, ma non solo, i volontari vivono in missione. Ed è così che il vescovo Reali in questa occasione dà il suo mandato perché alcuni siano il cuore e la mente di tutta la Chiesa portuense nelle altre diocesi particolari. Quest’anno i volontari del VolEst (Volontariato estivo dell’ufficio missionario) sono inviati in Italia al Cara di Castelnuovo di Porto (durante la celebrazione erano presenti alcuni ospiti della struttura per richiedenti asilo) e in Romania nell’orfanotrofio delle suore assunzioniste di Barati, vicino alla città di Bacau; invece in Tanzania andranno i ragazzi del Vev di Santa Marinella. Assieme a loro si sono aggiunti i partecipanti all’incontro dei giovani con papa Francesco organizzato al Circo massimo di Roma.
Questi ragazzi che si preparano a impegnarsi nei loro servizi hanno ascoltato poi in serata la testimonianza dell’attore, Simone Riccioni. Nato in Uganda nel 1988, entrato in Italia a otto anni. Un arrivo non facile: proveniva da una terra di libertà in cui, come racconta Riccioni «ciò che tuo è mio e ciò che mio è anche tuo». Ma, la vita e i sogni portano sempre più lontano di quanto si può immaginare, basta crederci davvero e lui l’ha fatto; come fosse una bicicletta, non importa quale ostacoli si trovano sul suo percorso lei va se non si smette di pedalare. Voleva fare l’attore e con tutto se stesso è riuscito a conciliare lavoro e studio, crearsi la sua casa di produzione con la quale attraverso i suoi film condivide messaggi di speranza e futuro.
Elisabetta Romano
foto Filippo Lentini
(20/072018)