Al Leoniano per il forum di teologia

Sabato 17 marzo, si è svolto il XXIII Forum teologico interdisciplinare ospitato dall’Istituto Teologico Leoniano, sul tema “Giovani e vocazione: paradigma del discernimento pastorale”.

Appena arrivati con il diacono Enzo siamo stati accolti con immutato affetto e fraterna gioia da don Emanuele Giannone, nuovo Rettore dell’Istituto, che onora anche la città di Ladispoli con questo suo prestigioso incarico.

Alla conferenza sono intervenuti: monsignor Mariano Crociata, vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, Filomena Sacco, docente di teologia morale presso l’accademia alfonsiana e incaricata presso l’istituto teologico leoniano, e don Nico dal Molin, per 10 anni direttore dell’ufficio nazionale per la pastorale delle Vocazioni, sino al 2017.

“Discernere”, ci giunge immutato dal latino ed è composto da “dis” – separare e “cernere” – scegliere. Tutto il Vangelo è permeato di discernimento: Gesù infatti, in ogni Suo insegnamento, ci educa a distinguere il bene dal male. Dunque, per il cristiano, discernere significa saper prendere, in una data situazione, la decisione morale conforme a tali insegnamenti, senza compromessi.

L’opera del concilio vaticano II si era posta, tra gli obiettivi, il “capire” e “farsi capire”; ciò è particolarmente importante per la Chiesa che si rivolge ai giovani: innanzitutto saper restare in ascolto di ciò che essi dicono e domandano e rivolgersi loro amorevolmente, come ci insegna Papa Francesco nel messaggio alla Gmg 2018: «E voi giovani, quali paure avete? Che cosa vi preoccupa di più nel profondo? Una paura ‘di sottofondo’ che esiste in molti di voi è quella di non essere amati, benvoluti, di non essere accettati per quello che siete» e ancora «Nei momenti in cui dubbi e paure affollano il nostro cuore, si rende necessario il discernimento. Esso ci consente di mettere ordine nella confusione dei nostri pensieri e sentimenti, per agire in modo giusto e prudente».

Il mondo dei giovani è un destinatario privilegiato agli occhi della comunità ecclesiale, sottolinea Crociata, una categoria che è invenzione della contemporaneità, con il quale dobbiamo interagire come adulti credenti, alla ricerca di un rapporto e di un dialogo costruttivo che privilegi l’ascolto e un’autocoscienza ecclesiale nella luce di Cristo e del Suo Spirito.

Occorre saper rispettare i tempi dei giovani, puntualizza la Sacco, ed il compito educativo non è relegato a famiglia, scuola e parrocchia, ma è compito di tutti i credenti, dell’intera comunità. Preoccupiamoci di dove i giovani sono esistenzialmente, più che fisicamente, ed insegniamo loro ciò che chiedono: quale sia il bene che meriti la fatica di vivere e che senso abbia spendersi per un valore. I giovani oggi hanno bisogno di speranza: facciamo loro sentire che la Chiesa è la fontana del villaggio che il Signore ha donato per dispensare le sue grazie e comprendiamo che si educa solo nella misura in cui si ama perché, come dice don Bosco, «chi sa di essere amato ama, e chi ama possiede tutto».  Ricordiamo ai giovani ciò che san Giovanni Paolo II ha gridato loro: «Non abbiate paura! Aprite, anzi: spalancate le porte a Cristo!».

Don Nico dal Molin ha evidenziato quali siano le piste essenziali nel discernimento: l’alterità (intesa come la storia relazionale di ciascuno di noi), la temporalità (il vivere il presente ma con un occhio alla storia passata e un’attenzione al futuro), la progressività (o paziente dinamicità) e l’esperienza della miseria e della misericordia. La domanda che ci rivolge don Nico, ripercorsa dai gruppi di lavoro riunitisi al termine della conferenza, è la seguente: «Quali sono gli aspetti significativi del discernimento vocazionale che possono alimentare un agire ecclesiale che viva e pratichi il discernimento pastorale e comunitario?».

Il gruppo di lavoro “Migrantes”, cui ha partecipato il diacono Enzo ha messo in evidenza come la nostra Fede debba diventare cultura, per essere accolta, vissuta e testimoniata (come ci ha insegnato San Giovanni Paolo II) e possa contagiare tutti, con la forza dell’Amore e senza condizionamenti esterni, né distinzione di razza e colore della pelle, ma contribuendo all’integrazione e alla fratellanza dei popoli nel nome di Gesù il Cristo, Figlio di Dio.

Il gruppo di lavoro “Famiglie”, cui ho partecipato, ha evidenziato come la Pastorale Famigliare sia interpellata dal discernimento vocazionale e debba aiutare le persone che bussano alle nostre comunità (coppie di fidanzati, bambini, ragazzi, giovani, adulti, anziani) a scoprire la Vita, come vocazione, in tutti i suoi aspetti, accompagnandoli verso il bene nella scoperta della Fede testimoniando innanzitutto con la nostra vita, l’amore di Cristo.

È stata un’esperienza intensa e costruttiva, che mi ha insegnato a considerare il servizio personalmente prestato come una singola goccia d’acqua in un bicchiere: affinché possa dissetare deve essere rabboccato con le gocce provenienti da tutti gli altri gruppi di servizio e solo con la collaborazione integrata di tutti possiamo insieme garantire che il bicchiere non rimarrà mai vuoto.


Davide Cabianca

(18/03/2018)

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